Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani si unisce idealmente alla comunità di Villagrazia di Carini, a Palermo e all’intero Paese per ricordare Antonino Agostino e Ida Castelluccio, assassinati brutalmente dalla mafia il 5 agosto 1989. A trentasei anni di distanza da quel tragico pomeriggio, il loro sacrificio continua a parlarci, non solo come ennesimo segno della ferocia mafiosa, ma come testimonianza luminosa di coraggio, integrità e dedizione al dovere.

Antonino Agostino era un giovane agente di polizia, impegnato in delicatissime indagini che riguardavano la sicurezza di magistrati come Giovanni Falcone, di cui si dice salvò la vita, scoprendo un attentato preparato all’Addaura nel giugno 1989. Solo poche settimane dopo, mentre si trovava con la moglie incinta a Villagrazia di Carini, fu raggiunto da alcuni sicari in motocicletta che non esitarono a sparare contro di lui e Ida Castelluccio, sua moglie da appena un mese. Lei era incinta di cinque mesi del loro primo figlio. Morirono entrambi poco dopo l’agguato, mentre cercavano solo di entrare nella villa di famiglia per festeggiare un compleanno. Un’esecuzione mafiosa, vile e tuttora avvolta da una fitta coltre di omertà. I mandanti e gli esecutori restano formalmente ignoti, nonostante decenni di processi, sentenze e indagini riaperte.


La figura di Antonino, silenzioso e riservato, è diventata negli anni un simbolo della lotta alla mafia vissuta nell’ombra, senza clamore, ma con fedeltà allo Stato e ai suoi valori. Non era un eroe da copertina, ma un uomo che credeva nel suo lavoro e in ciò che è giusto. Ai suoi funerali, il 10 agosto 1989, erano presenti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Lo stesso Falcone, commosso, avrebbe confidato a un collega: “A quel ragazzo devo la vita”.

Da allora, la memoria di Antonino e Ida è stata portata avanti con ostinazione e dolore dal padre di lui, Vincenzo Agostino, che per oltre trent’anni ha lottato per ottenere giustizia, promettendo di non radersi la barba fino alla scoperta della verità. È morto nel 2024 senza averla ottenuta. La sua immagine, con la barba lunga e lo sguardo fiero, resterà per sempre tra le icone civili della nostra democrazia incompiuta, che troppo spesso lascia soli i familiari delle vittime e tarda a rispondere alle domande più scomode.


Oggi, sulla stele che si affaccia sul lungomare Cristoforo Colombo, dove ogni anno si svolge la cerimonia commemorativa, è stato annunciato un giardino della memoria. Un luogo dove cittadini, giovani, scolaresche potranno fermarsi a riflettere. E proprio alle scuole il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani si rivolge con forza e convinzione: è tra i banchi che deve germogliare la coscienza della legalità. È nella quotidianità della didattica che si costruisce l’antimafia vera, quella fatta di cultura, di partecipazione, di cura per la verità e per la storia del nostro Paese. Le nuove generazioni devono conoscere chi era Antonino Agostino, devono leggere le lettere, le testimonianze, i verbali di indagine, devono sentire propria questa vicenda.

Invitiamo tutte le istituzioni scolastiche, di ogni ordine e grado, a promuovere il 5 agosto come giornata di memoria attiva. Non basta un nome su una lapide. Occorre che questo nome entri nei programmi, nei laboratori, nelle conversazioni con gli studenti, nella coscienza di chi sta formando la cittadinanza del futuro. La storia di Antonino e Ida non è una parentesi chiusa, ma una ferita ancora aperta, una verità ancora non detta, una lezione ancora non pienamente appresa.


Ricordare Antonino Agostino e Ida Castelluccio significa fare educazione civica nel senso più alto e profondo. Significa far capire ai giovani che la legalità non è un concetto astratto, ma si incarna nei volti e nei gesti di chi ha pagato con la vita la propria coerenza. Significa testimoniare, oggi più che mai, che il silenzio non è mai neutro e che la memoria è un atto di giustizia.

Per questo il CNDDU ribadisce con forza che la scuola non può e non deve restare indifferente. Coltivare la memoria è un dovere pedagogico e civile. E solo attraverso una memoria viva, partecipata, condivisa, potremo davvero dirci cittadini consapevoli e liberi.

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

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