Care sorelle e cari fratelli, siamo alla vigilia delle elezioni del nuovo Parlamento europeo. A parte l’irruzione di qualche spot pubblicitario, di qualche “nobile” e fugace nota di approfondimento in programmi di seconda serata, mi preoccupa questo “decaffeinato” processo di informazione che ruota attorno al nostro essere cittadini europei. Vedo con preoccupazione “pastorale” la possibile assenza di un processo di coscientizzazione da parte dei media nell’educarci, in questo preciso momento storico, alla scoperta o ri-scoperta “vitale” del nostro essere cittadini europei.

Mi preoccupa in particolar modo, almeno fino ad oggi, questo sibillino silenzio social-mediatico. Ha un suo effetto collaterale molto pericoloso per la vita della nostra cittadinanza europea. È come se l’opinione pubblica fosse sprovvista di pane e acqua, di nutrimento, di stimoli e riflessioni tese a dare voce a un sapiente e dinamico dibattito. Quello che potrebbe essere capace di aprire e tracciare vie nuove per l’Unione Europea. A partire dalla scelta dei nostri parlamentari a Strasburgo.

Mi sembra che aleggi una certa diffidenza nel conferire all’Europa tutta il suo ruolo di garante della nostra democrazia, di custode del bene comune e della giustizia sociale, su un panorama che da quello europeo si affacci a quello mondiale.

Siamo di fronte a sfide sempre nuove; sempre più globali. Basti pensare a quelle legate ai mutamenti climatici con conseguenze sempre più preoccupanti e devastanti in ogni continente. Per passare a quelle che riguardano le dinamiche demografiche dei nostri Paesi. Non conoscono più da tempo abbondanti primavere con il conseguente e lacerante processo di invecchiamento della popolazione e desertificazione delle aree interne. Per arrivare al dramma delle vicine guerre in Ucraina e in Medio Oriente, che invita il vecchio Continente a farsi inarrestabile promotore di giustizia e di pace.

Di fronte alle spinose inquietudini che attanagliano il nostro tempo voglio condividere con voi, care sorelle e cari fratelli, quanto ha scritto il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Oggi proprio l’Europa rappresenta una dimensione essenziale, irrinunciabile per la nostra democrazia e per la libertà di ogni cittadino europeo. Senza le istituzioni europee i singoli Stati, anche i più grandi, sarebbero impotenti di fronte alle sfide sempre più globali: dai movimenti migratori alle dinamiche demografiche a quelle geopolitiche e militari, ai poteri economici e finanziari che travalicano i confini e condizionano i mercati». Alla vigilia delle elezioni del Parlamento europeo sembrano volerci ricordare che il credere nell’Europa unita può essere sorgente di speranza concreta, cura salutare per debellare le epidemie devastanti del pessimismo, della sfiducia e della rassegnazione.

Mi preoccupa, pur non essendo un esperto di sondaggi e proiezioni politiche, la diffidenza di tanti nostri giovani al voto per la scelta dei parlamentari europei. A tal proposito, nella libertà che è propria di ogni uomo e di ogni cittadino, li invito caldamente a riscoprire quella vocazione che appartiene soprattutto a loro: l’essere araldi dei processi storici. Vi esorto a vivere con passione ed entusiasmo ogni progetto legato al futuro di questo pezzo fondamentale di tutta la nostra casa comune, che è l’Europa.

È una chiamata che vi appartiene perché voi per nascita, per educazione ed esperienza siete europei. Penso, a tal proposito, alla vostra qualificata conoscenza delle lingue, agli scambi culturali, ai viaggi intereuropei. Penso alle esperienze di studio nelle diverse università europee. Mi auguro che siano vere fucine, capaci di forgiare leader che lascino le chiavi del nazionalismo, per affrontare ogni novità sociale e culturale senza l’ombra del pregiudizio campanilistico. Intelligenze che vedano nel confronto aperto, lo strumento di un processo integrale e globale di crescita umana e sociale, senza coprire mai di rughe il volto del mondo intero, a partire dalla nostra Europa.

«Impegniamoci ad essere facitori», come ha affermato Davide Sassoli, Presidente, fino al giorno della sua scomparsa, del Parlamento europeo: «di una Europa che ha soprattutto bisogno di un nuovo progetto di speranza; di un progetto che ci accomuni, un progetto che possa incarnare la nostra Unione, i nostri valori e la nostra civiltà».

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