Buongiorno,

inoltriamo questa breve nota pregando di mantenere nell’articolo/servizio anche i riferimenti a Giesse.

Alleghiamo una foto dell’arbusto tagliato subito dopo la tragedia.

 

Per chiarimenti, restiamo a disposizione

 

 

TRAVOLTO E UCCISO DAL TRENO MENTRE RACCOGLIEVA ASPARAGI:

RINVIATO A GIUDIZIO RESPONSABILE DI RFI

“Un arbusto vicino ai binari impedì al macchinista
di azionare in tempo segnalazione acustica e frenata di emergenza”

 

 

Il GIP del tribunale di Agrigento Micaela Raimondo ha rinviato a giudizio il responsabile dell’unità territoriale di Caltanissetta di RFI, M.M., 49enne di Terrasini, imputato per la morte di Giovanni Di Grigoli, il 48enne di Canicattì travolto e ucciso 4 anni fa da un treno lungo la tratta che collega Canicattì ad Agrigento, all’altezza del Ponte obliquo.

Al responsabile di RFI viene contestata la mancata rimozione di un arbusto che, proprio in prossimità del punto in cui Di Grigoli è stato tragicamente travolto dal treno, avrebbe impedito al macchinista di accorgersi per tempo della presenza dell’uomo nei pressi dei binari.

I familiari di Di Grigoli si sono affidati a Giesse Risarcimento danni, gruppo specializzato nel risarcimento di incidenti mortali con sede a Canicattì e nel procedimento penale sono assistiti dall’avvocato Rita Parla.

L’INCIDENTE. La mattina del 30 marzo 2019 Di Grigoli si era alzato di buon’ora e, raggiunto in auto il varco che permetteva di accedere ai binari a Ponte obliquo, si era incamminato lungo la ferrovia in cerca di asparagi selvatici.

Pochi minuti dopo le 6.30 si è consumata la tragedia: il 48enne non accorgendosi dell’arrivo del convoglio è stato travolto e ucciso dalla locomotiva, nonostante il tentativo disperato da parte del macchinista di arrestare il mezzo.

Un impatto terribile, che non ha lasciato scampo a Di Grigoli. Poche ore più tardi, probabilmente anche a causa del grande dolore provato per l’improvvisa scomparsa del figlio, era purtroppo deceduto anche il padre, Gioacchino Di Grigoli, di 71 anni.

LE INDAGINI. Subito dopo la tragedia la Procura di Agrigento ha avviato una serie di indagini al termine delle quali il Pm Cecilia Baravelli aveva chiesto l’archiviazione del caso.

“A nostro avviso, invece, sussistevano profili di responsabilità molto evidenti – commenta Diego Ferraro, responsabile di Giesse Canicattì – I nostri tecnici già durante un primo sopralluogo avevano rilevato infatti la presenza proprio nei pressi del punto di impatto, di un albero di alloro che poteva avere chiaramente ostruito la visuale del macchinista”.

Da qui l’opposizione, tramite il legale fiduciario Rita Parla, basata proprio sulla presenza dell’arbusto a poca distanza dai binari.

“Il DPR 753/80 all’articolo 52 recita testualmente che lungo i tracciati delle ferrovie è vietato far crescere piante ad una distanza minore di 6 metri dalla più vicina rotaia – sottolinea Ferraro di Giesse – Eppure i nostri tecnici hanno rilevato la presenza di questo arbusto, alto 1 metro e 70 e largo 2 metri, a meno di 3 metri dai binari”.

Il Gup Stefano Zammuto, letta e accolta la richiesta di opposizione, ha così ordinato nuove indagini al Pm Baravelli, che ha nominato a questo punto due consulenti tecnici per ricostruire l’incidente, gli ingegneri Luigi Cannizzaro e Antonio Giallanza.

“La presenza dell’arbusto è sicuramente irregolare, considerata la distanza delle radici dalla rotaia di metri 2,80 – si legge tra le conclusioni della perizia – La sua presenza con il folto fogliame è in evidente rapporto causale con l’incidente che ha provocato la morte di Di Grigoli in quanto ha impedito al macchinista del treno di azionare in tempo la segnalazione acustica e la frenata di emergenza. Tali azioni avrebbero impedito l’impatto devastante del treno con la vittima”.

Letto il parere dei propri periti, il Pm Baravelli ha dunque chiesto il rinvio a giudizio di M.M., richiesta accolta ora dal GIP Raimondo con decreto che dispone il giudizio dinanzi al giudice Michele Dubini, il 20 marzo dell’anno prossimo.

“Avevamo promesso ai familiari che avremmo fatto piena luce su questa tragedia – conclude Ferraro di Giesse – Non possiamo che ringraziare sia i nostri tecnici che Rita Parla che la Procura per non essersi fermati alle prime apparenze, andando ad approfondire ogni aspetto necessario. Subito dopo l’incidente l’arbusto è stato prontamente tagliato e gli accessi alla ferrovia, fino a quel momento liberi, sono stati transennati. Anche questi sono elementi che fanno capire chiaramente quanto questa tragedia potesse essere evitata”.   

 

 

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