Fiori, biglietti affettuosi e frasi inoltrate sulle chat di Whatsapp. Ma dietro la Festa della Mamma si nasconde una realtà che di festoso ha ben poco, soprattutto in Sicilia: diventare madre, nel nostro Paese, significa ancora troppo spesso dover rinunciare alla carriera, all’indipendenza economica e a una parte significativa del proprio futuro professionale.
Dietro la Festa: la maternità tra rinunce e disuguaglianze
I numeri parlano chiaro e dipingono un quadro allarmante. Secondo l’ultimo rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia” di Save the Children, il 20% delle donne italiane smette di lavorare dopo essere diventata madre. Una percentuale che, secondo stime preliminari, raggiunge il 35% tra le madri di figli con disabilità. Il 63,6% delle dimissioni delle neo-mamme è dovuto alla difficoltà di conciliare figli e lavoro, per motivi legati alla mancanza di servizi o a scelte aziendali.
Il paradosso italiano emerge con forza quando si osserva l’occupazione femminile: nel 2024, tra le donne 25-54enni senza figli lavora il 68,9%, ma questa percentuale scende al 62,3% tra le madri, e al 60,1% tra quelle che hanno due o più figli minori. Per gli uomini è il contrario: il tasso di occupazione sale dal 77,8% (senza figli) al 91,9% tra i padri con almeno un figlio minore.
Il prezzo della maternità: tra child penalty e servizi insufficienti
In Sicilia la situazione peggiora rispetto al dato nazionale: tra le donne (25-34 anni) con due o più figli minori, lavora solo il 25,7%. Una cifra che conferma come la maternità, soprattutto nel Mezzogiorno, rappresenti un freno quasi insormontabile per l’autonomia economica delle donne. Non è solo una questione di opportunità negate. È anche un problema di retribuzioni. Una ricerca su dati INPS ha rivelato che, 15 anni dopo la nascita del primo figlio, il salario delle madri aumenta il 57% in meno rispetto a quello delle donne senza figli con caratteristiche simili. Questo divario – noto come “child penalty” – comporta la riduzione delle settimane lavorative, il passaggio a contratti part-time e dunque a salari più bassi.
A peggiorare il quadro, la cronica carenza di servizi per l’infanzia. Nel 2024, solo il 28% dei bambini tra 0 e 3 anni accedeva a un servizio educativo, con punte inferiori al 15% in Sicilia. Numeri ben lontani dal target europeo del 33%.
Un patrimonio di soft skills che rimane spesso tra le mura domestiche
Eppure, proprio le madri sviluppano competenze fondamentali per il mondo del lavoro di oggi: gestione del tempo, problem solving, resilienza, empatia. Un patrimonio di soft skills che spesso resta invisibile agli occhi delle aziende. La strada per invertire la rotta esiste. Secondo le proiezioni di Save the Children, eliminare la penalizzazione occupazionale legata alla maternità permetterebbe di aumentare il tasso di occupazione femminile di 14 punti percentuali entro il 2030. Francia, Germania e Paesi nordici hanno già imboccato questa via, puntando su congedi paritari, asili gratuiti, orari flessibili e sostegno economico.
In Italia, qualche segnale arriva da esperimenti aziendali che introducono smart working strutturato, part-time reversibile, percorsi di rientro, supporto psicologico, incentivi per l’asilo e persino congedi incentivati per i padri. Piccoli segnali, ma importanti. Soprattutto per una regione come la Sicilia, dove valorizzare il talento delle madri potrebbe significare non solo contrastare la crisi demografica e occupazionale, ma dare finalmente senso alla parola “sviluppo”.
In attesa che ciò accada, la Festa della Mamma continua a risuonare come un’amara contraddizione per migliaia di donne siciliane, costrette a scegliere tra realizzazione professionale e maternità. Una scelta che, in un Paese civile, non dovrebbe esistere.






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