Potrebbe esserci un collegamento tra i maltrattamenti di animali e la violenza sulle donne, quantomeno in termini di predicibilità. Ne è convinta l’ENPA che riporta una corposa casistica maturata negli Stati Uniti e più di recente divenuta oggetto di studio anche in Italia. In sintesi, chi compie un reato in danno degli animali potrebbe essere propenso a ripetere l’atto criminale anche sulle persone ed in modo particolare le categorie più deboli, come donne e bambini.
Negli Stati Uniti dagli anni 70 ad oggi, più del 70% delle donne vittime di abusi ha denunciato che i loro aguzzini avevano compiuto atti di crudeltà sugli animali o avevano minacciato di compierli. Inoltre più del 30% delle madri maltrattate ha segnalato analoghi comportamenti messi in atto a danno degli animali domestici.
Si tratta, pertanto, di una importante spia di allarme che, se percita in tempo, potrebbe prevenire crimini contro persone.
Fortunatamente – ha affermato la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi – l’orientamento giurisprudenziale di questi anni, anche grazie alle nostre iniziative giudiziarie, è cambiato profondamente e i crimini contro gli animali non vengono più considerati “minori”. Ciononostante incontriamo ancora incomprensibili sacche di resistenza. Per questo rinnoviamo il nostro appello alla magistratura e a tutte le forze di polizia – conclude Rocchi – affinché ogni singolo caso di animalicidio o di maltrattamento venga affrontato con la massima considerazione. Fermare oggi un maltrattatore di animali, potrebbe fermare domani un femminicida”.

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