Giuseppe Rizzi, medico oncologico, si sarebbe fatto pagare più di 130mila euro da un paziente, poi deceduto, per somministrargli farmaci oncologici salvavita gratuiti.
I carabinieri hannom quindi, arrestato il medico, in servizio fino a circo un anno fa all’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari.
Al medico, che si trova agli arresti domiciliari, il pm Marcello Quercia contesta il reato di concussione aggravata e continuata in concorso con la compagna, l’avvocatessa Maria Antonietta Sancipriani.
Oltre alla misura cautelare nei confronti di Rizzi i carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo per equivalente del valore di 136 mila euro. In sede di perquisizione, nella sua abitazione, i militari hanno trovato reperti archeologici e denaro contante per oltre 1,9 milioni di euro, nascosto in buste e scatole per calzature.
I fatti risalgono al periodo compreso tra dicembre 2018 e dicembre 2019. L’indagine è partita dalla denuncia dei familiari del paziente, dopo la sua morte.
I carabinieri hanno così accertato che il medico, all’epoca dirigente nel dipartimento di Oncologia dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, in orario di servizio e anche fuori turno, e comunque non in regime di attività intra od extramoenia, avrebbe eseguito prestazioni mediche, in particolare iniezioni di un farmaco oncologico salvavita, per la cui somministrazione gratuita, in quanto a totale carico del Servizio sanitario nazionale, avrebbe costretto l’uomo al pagamento in suo favore di ingenti somme di denaro e di altre utilità, sia nella struttura ospedaliera sia nella sede del patronato Caf gestito dalla compagna co-indagata, adibito illegalmente ad ambulatorio medico.
«Le condotte – hanno affermato gli inquirenti – venivano poste in essere dalla coppia approfittando delle gravi condizioni psico-fisiche della vittima che versava in uno stato psicologico di soggezione e di reverenza oltre che di totale fiducia nel suo medico, al punto di indurre la vittima a riconoscerlo quale unico referente in grado di garantirgli la sopravvivenza e così ottenendo illecitamente la somma di denaro contante di circa 130 mila euro, regali e lavori edili nella sua villa a Palese».
Al paziente il medico avrebbe dato «false speranze di sopravvivenza» e l’uomo, «pur di restare in vita, continuava a soddisfare le ingenti e costanti richieste di denaro del professionista, dilapidando a sua volta il proprio patrimonio tanto da dover ricorrere agli aiuti economici di amici e parenti».
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