Alessia Pifferi, la 37enne che si trova nel carcere di San Vittore di Milano per l’omicidio volontario aggravato della figlia Diana di 16 mesi, lasciata da sola per più di sei giorni a casa, per portare avanti le sue relazioni e per divertirsi, non ha avuto scrupoli nell’abbandonarla, pur sapendo che sarebbe potuta morire di stenti, com’è poi successo.
Perciò, il pm di Milano Francesco De Tommasi ha contestato, assieme a quella della premeditazione, anche l’aggravante dei futili motivi. Inoltre, tra le esigenze cautelari contestate, c’è pure il pericolo di reiterazione del reato perché la donna è ritenuta una persona pericolosa.
Secondo gli inquirenti, inoltre, almeno per il momento, non c’è alcuna necessità di richiedere una perizia psichiatrica o di effettuare una consulenza sullo stato mentale della donna, che è apparsa lucida e presente a se stessa nell’interrogatorio davanti a Pm e investigatori.
Nei prossimi giorni ci sarà l’autopsia della piccola così da chiarire le cause esatte della morte dal momento che c’è il sospetto che la donna abbia fatto assumere a Diana della benzodiazepine.
Si è appreso, poi, che gli inquirenti contesteranno nei prossimi giorni ad Alessia Pifferi anche l’accusa di abbandono di minore per gli episodi precedenti nei quali avrebbe lasciato la figlia sola nell’abitazione. Infatti, dallo scorso giugno in poi, è avvenuto per almeno due o tre week-end, sempre con lo stesso motivo, ovvero andare a Leffe, in provincia di Bergamo, per incontrare il suo attuale compagno, dove si era recata anche nella sera del 14 luglio. Inoltre, la donna avrebbe lasciato da sola la bambina anche tra marzo e aprile, per una sera, per frequentare un altro uomo.
Stando a quanto ricostruito, Diana era nata a fine gennaio dello scorso anno, nella casa del compagno di Leffe, un elettricista che non è il papà della piccola. La madre ha riferito che non sa chi sia il genitore.
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