Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, in conferenza stampa, ha affermato che si sta valutando l’uso delle mascherine nella cosiddetta ‘fase due’ della gestione dell’epidemia di coronavirus in Italia.

Inoltre, sullo studio rilanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il presidente dell’ISS ha detto: «Non ci sono al momento evidenze che il virus circoli nell’aria. […] Questa via era nota in determinati contesti, come quelli sanitari, ma al momento la letteratura scientifica indica che le principali vie diffusione del virus sono quelle per droplet (‘goccioline’, n.d.r.) e per contatto».

Brusaferro, poi, a proposito del vaccino – cerotto e dei test promettenti sugli animali, ha spiegato: «Ci sono tanti prodotti e tanti gruppi che lavorano al vaccino […] Il punto è che dal momento in cui viene testato nell’uomo passano mesi e poi una volta validato passano altri tempi per la produzione. È altamente improbabile che possa avvenire in un numero di mesi basso: non avviene in pochi mesi e ci vuole del tempo anche poi per renderlo disponibile».

Inoltre, per il direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, Gianni Rezza, «quello di Pittsburgh non è una bufala, è uno dei candidati vaccini che stanno andando in sperimentazione animale ma ce ne sono altri che sono già in sperimentazione animale di fase 1». Insomma, non è il solo.

Sull’andamento dell’epidemia nel nostro Paese, Brusaferro ha anche dichiarato: «Abbiamo fatto gol ma non abbiamo vinto la partita. Abbiamo superato un momento critico, stiamo scendendo però quella curva può anche avere una valle e poi ripartire se non siamo efficaci nell’interrompere la trasmissione».

Infine, sulla mancata scelta di istituire da subito la zona rossa a Bergamo, il presidente dell’ISS ha affermato: «Noi come comitato tecnico scientifico, abbiamo fatto le nostre considerazioni e trasferito delle raccomandazioni, poi il governo ha deciso di adottare provvedimenti di lockdown a livello nazionale. Noi lavoriamo quotidianamente sulla base di dati e forniamo il supporto ai decisori, noi lavoriamo in maniera autonoma e cerchiamo di fare quanto di meglio riusciamo in scienza e coscienza». «Allora c’era stata la zona rossa a Codogno, c’era stata la proposta di fare zona rossa in quei comuni vicino Bergamo, ma è stata presa la decisione di rendere zona arancione tutta la Lombardia a cui ha fatto seguito la zona arancione in tutta Italia. Da allora non sono state più fatte zone rosse», ha aggiunto.

Articoli correlati