Da domani stop alla caccia “di selezione” contro femmine e cuccioli di capriolo, oltre che maschi e femmine di daino. Avviene in provincia di Savona dove l’ENPA sottolinea come quel termine (selezione) sia improprio. Per gli animalisti, infatti, si tratterebbe di una attività di morte attuate in alcune aree della provincia di Savona.

Iniziata a gennaio (per i maschi di daino già a novembre), la caccia di selezione riprenderà per un mese a giugno/luglio ed un mese e mezzo ad agosto/settembre per i maschi di capriolo e dal 1° novembre per i maschi di daino.

Un calendario di caccia che, ad avviso della Protezione Animali, non terrebbe conto del disturbo che gli spari arrecano agli altri animali selvatici. Il tutto, poi, durante la delicatissima stagione degli amori, della cova e della crescita dei piccoli. L’attacco più duro dell’associazione è però nei confronti della Regione accusata di non gestire la fauna selvatica in nome e a favore dell’intera collettività, ma “nell’esclusivo interesse dei cacciatori, con uno schieramento trasversale che vede uniti i partiti di governo e quasi tutti quelli dell’opposizione“.

Ad avviso degli animalisti, una corretta gestione della fauna selvatica dovrebbe invece finanziare la ricerca scientifica tesa al’individuazione di modalità ecologiche ed efficaci nel contenimento delle specie in presunto esubero, come cinghiali e caprioli, invece di assegnare tale compito ai fucili dei cacciatori, malgrado sia evidente la loro totale inefficacia. L’attività dei “selecontrollori” per daini e caprioli e dei cacciatori “semplici” per i cinghiali non porterà, sempre ad avviso della Protezione Animali, in alcun modo a ridurre sia i danni arrecati alle coltivazioni che il numero degli animali. Da anni l’Enpa savonese chiede inascoltata alla pubblica amministrazione di avviare studi su metodi alternativi ed incruenti per affrontare e risolvere il problema.

Vi sarebbe, però, serio studio di scienziati europei sugli ungulati che dimostra che la caccia, distruggendo l’organizzazione sociale dei branchi, moltiplica il numero delle gravidanze e quindi delle nascite, con il risultato che nei territori aperti alla caccia cinghiali, caprioli e daini sono percentualmente superiori rispetto alle zone vietate, con buona pace dei contadini, inspiegabilmente alleati dei cacciatori.

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