A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco si riapre con una svolta clamorosa: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, è di nuovo indagato.
Era il 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi, 26 anni, veniva trovata senza vita nella villetta di famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia. Un omicidio brutale, consumato a colpi di un’arma contundente, che ha sconvolto l’Italia e dato il via a una delle indagini più discusse della cronaca recente. Per quel delitto, nel 2015, il fidanzato Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere. Ma oggi, a distanza di quasi due decenni, una nuova indagine scuote le certezze: Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, è tornato nel registro degli indagati. Una consulenza sul DNA trovato sotto le unghie della vittima, resa possibile da tecniche all’avanguardia, potrebbe cambiare tutto. Cosa sta succedendo?
Una svolta inaspettata: il ritorno di Andrea Sempio
La notizia è esplosa come un fulmine ieri, 11 marzo, quando un avviso di garanzia è stato notificato ad Andrea Sempio, oggi 37enne impiegato, all’epoca dei fatti appena diciannovenne e amico stretto di Marco Poggi, fratello minore di Chiara. Non è la prima volta che il suo nome entra nelle indagini: tra il 2016 e il 2017, i legali di Stasi avevano già puntato il dito su di lui, sostenendo che il DNA rinvenuto sotto le unghie della vittima fosse compatibile con il suo profilo genetico. All’epoca, però, la Procura di Pavia, guidata dal procuratore Mario Venditti, aveva archiviato le accuse, giudicando le prove “radicalmente prive di attendibilità”. Ma oggi il vento è cambiato. Grazie a una nuova consulenza affidata a un esperto genetista tedesco e ai progressi della scienza forense, quel materiale genetico è stato rivalutato e ritenuto utilizzabile.
L’accusa? Omicidio in concorso con ignoti o con lo stesso Alberto Stasi
Il peso del DNA: dalla scena del crimine alla nuova indagine
Al centro di questa riapertura c’è il DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi, un elemento che da anni divide colpevolisti e innocentisti. Nel 2016, la difesa di Stasi aveva commissionato analisi che indicavano una corrispondenza con il profilo di Sempio, ma il gip di Pavia aveva bocciato quelle conclusioni, definendole “inconsistenti” e sottolineando che il materiale biologico era troppo degradato per essere affidabile. Oggi, però, le cose sono diverse. L’avvocato Giada Bocellari, legale di Stasi, ha affidato a un laboratorio internazionale di genetica forense l’incarico di riesaminare i reperti. I risultati, confermati da una consulenza disposta dalla Procura di Pavia, dicono che sotto le unghie di Chiara, in più punti, ci sarebbero tracce genetiche riconducibili a Sempio. Una “firma” che, per gli inquirenti, potrebbe indicare la presenza di un secondo soggetto sulla scena del crimine.
Andrea Sempio: “Allibito e sconvolto”
“Come può essere? Sono innocente, non c’entro nulla”. Queste le parole che Andrea Sempio avrebbe confidato al suo avvocato, Massimo Lovati, dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia. Il 37enne, che oggi vive a Voghera e lavora in un negozio di telefonia, è descritto come “distrutto” dal ritorno sotto i riflettori. “Non regge il colpo. È sconvolto e ha chiesto addirittura le ferie dal lavoro”, ha dichiarato Lovati a Fanpage.it.
Sempio dovrà presentarsi oggi, 13 marzo 2025, nella sede della scientifica dei carabinieri di Milano per sottoporsi a un prelievo coattivo del DNA, dopo aver rifiutato il consenso volontario la scorsa settimana. Un rifiuto che ha spinto il gip di Pavia a ordinare l’esame, necessario per confrontare il suo profilo genetico con le tracce trovate sul corpo di Chiara.
Ma chi è davvero Andrea Sempio? Amico di Marco Poggi fin dalle medie, frequentava regolarmente la villetta di via Pascoli. “Conoscevo Chiara solo di vista, ci salutavamo e basta”, aveva dichiarato nel 2017 a Quarto Grado, respingendo ogni accusa.
Alberto Stasi: una condanna in bilico?
Dall’altra parte della barricata c’è Alberto Stasi, il “biondino dagli occhi di ghiaccio” che per anni ha diviso l’opinione pubblica. Condannato a 16 anni, oggi ne ha scontati quasi 10 nel carcere di Bollate, dove lavora come contabile e beneficia di permessi. “Alberto ha fiducia che sia fatta piena luce, fiducia nella verità e nella giustizia soprattutto per Chiara”, ha spiegato l’avvocato Giada Bocellari dopo un breve colloquio con lui. Stasi si è sempre proclamato innocente, e la riapertura del caso potrebbe essere la sua ultima chance per ottenere una revisione del processo. La nuova ipotesi investigativa, infatti, non esclude che l’omicidio sia stato commesso in concorso, lasciando aperta la possibilità che Stasi non abbia agito da solo – o che non sia stato lui. “Un innocente non si pente, persegue la propria innocenza e aspetta”, ha dichiarato in passato, e oggi quella attesa potrebbe trovare risposta.
Un’indagine tormentata: dal passato al presente
Il caso di Garlasco è stato un rompicapo fin dall’inizio. Stasi, assolto due volte prima della condanna definitiva, è stato al centro di un iter giudiziario controverso. Le impronte sulla scena, l’alibi del computer, la bicicletta vista davanti alla villetta: ogni dettaglio è stato sezionato senza mai dissipare tutti i dubbi. Sempio, convocato nel 2007 insieme ad altri amici di Marco Poggi, era già stato interrogato per alcune telefonate sospette nei giorni precedenti il delitto. Nel 2016, il suo DNA, prelevato di nascosto da una bottiglietta e un cucchiaino, aveva riacceso le speranze della difesa di Stasi, ma l’archiviazione del 2017 sembrava aver chiuso la questione. Oggi, la Cassazione ha dato il via libera alla riapertura, accogliendo il ricorso dei pm dopo due rifiuti del gip. Un fascicolo parallelo che potrebbe riscrivere una storia lunga 18 anni.
Cosa succederà ora? Le incognite del futuro
Il prelievo del DNA di Sempio, previsto per oggi, è solo il primo passo. Se le analisi confermeranno la compatibilità con le tracce trovate su Chiara, gli inquirenti dovranno ricostruire il suo ruolo: era presente sulla scena del crimine? Ha agito con Stasi o da solo? E se sì, perché? Ma se i risultati lo scagionassero di nuovo, il caso potrebbe tornare al punto di partenza. Per Stasi, ormai vicino alla fine della pena, questa potrebbe essere l’occasione per chiedere una revisione, anche se resta obbligato a risarcire la famiglia Poggi per 700 mila euro.
Commenta con Facebook