La Commissione Ue è scesa oggi in campo contro le esenzioni fiscali di cui beneficiano i porti italiani e spagnoli ritenendo che possano essere considerati come aiuti di Stato e “invitando” le autorità nazionali ad adeguare le rispettive legislazioni in modo che dal primo gennaio del prossimo anno anche loro paghino le imposte sulle società come tutte le altre aziende che realizzano profitti. Per Margrethe Vestager, commissaria responsabile per la concorrenza, “i porti sono infrastrutture essenziali per la crescita economica e lo sviluppo regionale. Per questo le norme Ue sugli aiuti di Stato prevedono che gli Stati membri dispongano di ampi margini di manovra per l’adozione di misure di sostegno e di investimento a favore dei porti”. Ma “al tempo stesso, per garantire condizioni eque di concorrenza in tutta l’Ue, i porti che generano profitti esercitando attività economiche vanno tassati allo stesso modo degli altri operatori economici, né più, né meno”.
Le decisioni odierne, si legge in una nota di Bruxelles, “fanno seguito a recenti decisioni in cui la Commissione ha chiesto a Paesi Bassi, Belgio e Francia di abolire le esenzioni dall’imposta sulle società di cui beneficiavano i rispettivi porti”.
“La concorrenza transfrontaliera – si osserva nel comunicato – svolge un ruolo importante nel settore portuale e la Commissione si è impegnata a garantire condizioni concorrenziali eque in questo fondamentale settore economico. I porti svolgono sia attività non economiche che attività economiche”. Il primo caso (sicurezza e controllo del traffico marittimo o sorveglianza antinquinamento), spiega Bruxelles, “rientra solitamente nell’ambito di competenza delle autorità pubbliche. Tali attività sono escluse dal campo di applicazione delle norme Ue in materia di aiuti di Stato”.
“Lo sfruttamento commerciale delle infrastrutture portuali (come la concessione dell’accesso al porto dietro pagamento) costituisce al contrario – spiega ancora la Commissione – un’attività economica. A questo secondo tipo di attività si applicano le norme Ue in materia di aiuti di Stato. L’esenzione dall’imposta sulle società per i porti che realizzano profitti da attività economiche può rappresentare un vantaggio competitivo sul mercato interno e pertanto comporta un aiuto di Stato che potrebbe essere incompatibile con la normativa dell’Ue”.
In Italia, ricorda Bruxelles, i porti sono integralmente esentati dall’imposta sul reddito delle società. In Spagna i porti sono esentati dall’imposta sul reddito delle società per quanto riguarda i loro principali cespiti, ad esempio le tasse portuali o i redditi derivati da contratti di locazione o concessione. Nei Paesi Baschi, i porti sono totalmente esentati dal pagamento dell’imposta sulle società. Nell’aprile 2018, la Commissione ha informato l’Italia e la Spagna in merito alle proprie preoccupazioni relative ai regimi di tassazione dei porti in vigore nei due Paesi.
“La Commissione ritiene, in via preliminare, che tanto in Italia che in Spagna i regimi fiscali vigenti concedano ai porti un vantaggio selettivo che potrebbe violare le norme UE in materia di aiuti di Stato”. I due Paesi hanno ora due mesi di tempo per replicare.
Il pronunciamento è importante anche in vista dell’applicazione delle ZES, le Zone Economiche Speciali che da un lato potrebbero essere la risposta a Bruxelles e la soluzione al problema almeno nel sud e nelle principali aree siciliane ma dall’altro rischiano, a loro volta, di essere consideratio aiuti di stato in base al principio usato in questo pronunciamento
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