A pochi giorni dall’arrivo previsto a Gaza, la Global Sumud Flotilla – una spedizione umanitaria composta da oltre 40 imbarcazioni – naviga verso una delle aree più complesse e sensibili del Mediterraneo. Sono 530 le persone a bordo, provenienti da diversi Paesi, unite dall’obiettivo comune di rompere il blocco israeliano sulla Striscia di Gaza.
Ma il viaggio si fa ogni ora più delicato. Secondo le previsioni, mercoledì prossimo, 1 ottobre, la flotta entrerà in una zona considerata a rischio, tra le 100 e 120 miglia nautiche dalla costa palestinese. È lì che la nave Alpino della Marina militare italiana – che finora ha seguito a distanza l’operazione con compiti di assistenza e soccorso – invierà un avviso formale agli attivisti.
Un messaggio chiaro dalla Marina italiana
La comunicazione sarà diretta: proseguire la navigazione sarà pericoloso. Il messaggio sottolineerà il limite oltre il quale l’Italia non potrà più garantire la sicurezza della missione. La nave Alpino, ha spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto, non ha l’ordine di scortare la Flotilla né di intervenire in caso di contatto con le forze israeliane. Il suo compito è esclusivamente umanitario: ricerca e soccorso in caso di emergenze.
Nonostante l’assistenza limitata, l’Italia non è sola. Dopo aver seguito con attenzione lo sviluppo della missione, anche la Spagna e la Turchia hanno annunciato l’invio di unità navali per monitorare la situazione e prestare supporto in caso di necessità. In particolare, la Marina turca ha confermato che si unirà alle operazioni di scorta per garantire assistenza e sicurezza lungo il tratto più pericoloso della traversata.
Le rassicurazioni (parziali) di Israele
Il governo israeliano, da parte sua, ha ribadito una posizione ferma: la Flotilla non sarà autorizzata a entrare nelle acque che Israele considera parte della propria sovranità. Tuttavia, il presidente israeliano Isaac Herzog, in un colloquio con l’ambasciatore italiano Luca Ferrari, ha offerto alcune rassicurazioni: “L’esercito israeliano ha ricevuto l’ordine di non usare la forza letale”.
Le parole di Herzog hanno avuto un effetto moderatore, ma non bastano a dissipare le preoccupazioni. Tel Aviv ha confermato che le forze speciali saranno impiegate per fermare la Flotilla, pur specificando che l’operazione sarà condotta – almeno nelle intenzioni – senza vittime.
Roma in allerta, Meloni segue da vicino
L’Italia segue la crisi minuto per minuto. Il premier Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro della Difesa Crosetto sono costantemente aggiornati attraverso l’ambasciatore Ferrari, che mantiene un canale aperto con le autorità israeliane. Le preoccupazioni sono elevate, soprattutto per la presenza di diversi cittadini italiani a bordo della Flotilla.
La proposta italiana: aiuti via Cipro
Nel tentativo di evitare una possibile escalation, il governo italiano – sostenuto dal Patriarcato latino di Gerusalemme e dalla Santa Sede – ha avanzato una proposta: trasferire gli aiuti umanitari a Cipro per poi inviarli via terra attraverso il porto israeliano di Ashdod. Una soluzione pensata per preservare la sicurezza degli attivisti e allo stesso tempo garantire l’arrivo degli aiuti alla popolazione palestinese.
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha appoggiato questa via alternativa. Tuttavia, la proposta è stata respinta dagli attivisti della Flotilla, che ritengono il blocco israeliano illegittimo alla luce del diritto internazionale. Il loro obiettivo resta quello di forzare simbolicamente la barriera navale per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale.
Alta tensione e presenza militare crescente
Con circa 300 miglia nautiche ancora da percorrere e l’arrivo previsto per giovedì, si temono nuovi episodi di “deterrenza”. Secondo fonti militari, droni israeliani e unità navali sono già stati avvistati nei pressi della rotta della Flotilla.
Foto: NBC News.






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