“Vorrei preservare questa casa come la dimora di noi cinque. Il dolore ce l’ho dentro e mi accompagnerà. Ma ciò che mi preme ora è fare in modo che, finita l’emozione, non ci si torni ad assopire”.
Così, parlando al Corriere della Sera, Gino Cecchettin, il padre di Giulia.
“Noi italiani siamo bravi ad avere slanci civili ma siamo anche capaci di dimenticare in fretta – ha proseguito – Il rumore è il campanello che ogni mattina ci deve tenere svegli e farci chiedere cosa abbiamo fatto per far finire i femminicidi. Quando ho parlato di un impegno civico ho voluto dire che, con una Fondazione o in altro modo, io voglio dedicare la mia vita a far sì che non ci sia un’altra Giulia. Per me bisogna partire dall’educazione”.
Cecchettin ha parlato anche con La Stampa: “Non riesco a dormire – ha proseguito – Ogni mattina per trovare la forza entro in camera di Giulia e mi stringo al suo cuscino perché sa ancora di lei”.
Sull’eco conseguente al discorso, Gino Cecchettin ha commentato: “è importante. Mi ha fatto molto piacere. Significa che probabilmente ha centrato i punti, il messaggio è passato ed è stato accolto positivamente dal governo”.
“Non si può mettere da parte la rabbia quando la rabbia non c’è – ha continuato – C’è dolore. E si riesce a trasformarlo in qualcosa di positivo solo attraversandolo, non evitandolo. È quello che ho imparato con mia moglie Monica, poi quando è mancato mio padre e adesso con Giulia. Non lo so se riuscirò a perdonare Filippo, neanche Gesù ha perdonato i suoi carnefici, ha chiesto a Dio di farlo. Spero solo che si renda conto di quello che ha fatto, e magari un giorno possa dare lui dei messaggi ad altre persone che potrebbero avere le stesse difficoltà. Ai genitori di Filippo mando un grande abbraccio. Forse io ritornerò a danzare sotto la pioggia, quindi a fare un sorriso, loro faranno molta più fatica. Hanno tutta la mia comprensione e il mio sostegno”.
Cosa farà adesso? “Politica? La escludiamo ma l’impegno civile è doveroso”.
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