Traffici di specie ittiche che coinvolgono spesso le regioni meridionali, sfruttate per rifornire mercati a volte molto lontani. In recenti operazioni di polizia, infatti, le Capitanerie di Porto sono intervenute per stroncare commerci illeciti di Tonno rosso che dalla Sicilia, grazie ad una triangolazione con ditte laziali, portavano fino alla Spagna. Per contro, è la stessa Sicilia ad importare, soprattutto dalla Calabria, ingenti quantitativi di novellame di sarda (cosiddetta “neonata”) più volte intercettata dalla Guardia Costiera di Reggio Calabria che ha provveduto al sequestro di diversi furgoni isotermici con il prezioso quanto illegale carico diretto in Sicilia.

Quanto però in queste ore comunicato dalla Capitaneria di Porto e dalla Guardia di Finanza di Lecce, sembra non avere precedenti quantomeno per il quantitativo di particolare pescato che sembrerebbe essere coinvolto. Il piccolo animale al centro dei presunti traffici sarebbe l’Oloturia, un echinoderma (lo stesso gruppo tassonomico al quale appartiene il Riccio di mare) utilissimo all’ecosistema marino in quanto organismo filtratore. I pescatori nostrani, però, ignorano tale funzione e utilizzano il piccolo animale di forma cilindrica, come esca per la cattura del pesce. Nel sud est asiatico, invece, fa parte dell’alimentazione umana e la sua richiesta sembra essere in continuo aumento. Di Oloturie, (altresì denominate Cetrioli di mare) ne sarebbero stati illecitamente commercializzati alcune centinaia di tonnellate. L’ipotesi investigativa portata avanti dalla Procura della Repubblica di Lecce, è quella che dalla Puglia, con la complicità di sette pescherecci e numerose società di pesca e ditte del settore distribuite in tre province, le oloturie finissero proprio nei mercati del sud est asiatico. Il tutto è partito da un sequestro operato nel dicembre 2015. Allora, a finire intercettate, furono solo unidici tonnellate. Dagli sviluppi di indagine conseguiti il sospetto è che si siano state commercializzate ben 200 tonnellate di Oloturia.

Particolare è altresì l’ipotesi di reato. Ad essere contestato, infatti, è l’inquinamento ambientale; rappresenta una assoluta novità legata alla fattispecie accertata nel corso delle indagini. Ci sarebbe, spiegano gli inquirenti, il concreto pericolo per l’ecosistema marino qualora ingenti quantità del piccolo echinoderma dovessero essere sottratte dall’ambiente marino. Difatti, spiega la Guardia Costiera di Lecce, le oloturie vengono definite come “organismi detritivori” poiché ingeriscono sedimenti del fondo marino al fine di nutrirsi di batteri ed altri microorganismi patogeni in essi presenti; fungono, quindi, da “biorimediatori naturali” capaci di depurare in maniera “eco-friendly” i batteri presenti nell’ambiente marino.

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