Un gesto estremo nel greto del fiume Roja: un uomo di 40 anni, licenziato dal suo posto di lavoro, si è tolto la vita tagliandosi la gola. Aveva lasciato in Bangladesh una moglie e un figlio piccolo.

Un dramma della solitudine e della disperazione ha scosso Ventimiglia, in provincia di Imperia. Un uomo di circa 40 anni, originario del Bangladesh, è stato trovato senza vita nel greto del fiume Roja, dove spesso trovano rifugio migranti e persone in difficoltà. Secondo le prime ricostruzioni, si sarebbe sgozzato con un taglierino dopo aver perso il lavoro.

Il ritrovamento del corpo nel fiume Roja

A scoprire il corpo sono stati gli agenti della polizia di Ventimiglia, durante un controllo di routine in un’area già nota per la presenza di accampamenti di migranti. L’uomo, residente da tempo nella città ligure, divideva un appartamento con un parente connazionale.
Vicino al corpo, gli agenti hanno rinvenuto l’arma da taglio, un piccolo taglierino, che ha fatto subito pensare a un gesto volontario.

Le prime ipotesi: si pensava a un omicidio

In un primo momento, davanti alla profonda ferita alla gola, le autorità avevano ipotizzato un omicidio. Tuttavia, i successivi accertamenti della polizia scientifica e della squadra investigativa hanno escluso la presenza di altre persone sul luogo dell’accaduto, ricostruendo una dinamica compatibile con un suicidio.
Gli inquirenti hanno anche ascoltato amici e colleghi dell’uomo, che hanno fornito elementi fondamentali per capire il contesto in cui si è consumata la tragedia.

Il licenziamento e la malattia

Secondo quanto emerso, l’uomo aveva perso il lavoro lunedì scorso. Lavorava da circa un mese come magazziniere in un negozio di articoli per la casa della zona. Il licenziamento, stando alle testimonianze raccolte, sarebbe avvenuto a causa delle sue condizioni di salute precarie.

Era malato, a volte sveniva. Per questo, a mezzogiorno, il suo datore di lavoro gli aveva detto di non tornare più: un dipendente malato non serviva”, hanno raccontato gli amici, accorsi sul posto dopo aver saputo della tragedia.

L’uomo, spiegano ancora i conoscenti, viveva in forte difficoltà economica. Aveva una moglie e un figlio piccolo in Bangladesh, ai quali mandava parte del suo stipendio. Dopo il licenziamento, avrebbe confidato a un amico la paura di non riuscire più a mantenere la famiglia né a trovare un altro impiego, vista l’età e le condizioni di salute.

La disperazione di un uomo solo

Secondo chi lo conosceva, il 40enne aveva iniziato a chiudersi in se stesso nei giorni precedenti alla tragedia. “Era molto abbattuto, diceva di sentirsi inutile”, ha riferito un vicino di casa.
Martedì pomeriggio, avrebbe lasciato l’abitazione senza dire nulla al parente con cui viveva. Poche ore dopo, la polizia ha ritrovato il corpo nel greto del fiume.

Gli inquirenti non hanno rinvenuto biglietti o messaggi di addio, ma le testimonianze e gli elementi raccolti convergono verso l’ipotesi del gesto estremo motivato dalla disperazione per la perdita del lavoro e per la malattia.

Il contesto: povertà e invisibilità ai margini

La vicenda riporta l’attenzione sulle condizioni di vita precarie di molti lavoratori stranieri che vivono in Liguria e nelle zone di frontiera. Ventimiglia, in particolare, è da anni un punto di passaggio per migranti provenienti dall’Africa e dall’Asia che cercano di raggiungere la Francia.
Molti, tuttavia, finiscono per stabilirsi nella zona, trovando impieghi temporanei e spesso non regolarizzati.

Questa precarietà, unita all’isolamento sociale e alle difficoltà economiche, può sfociare in situazioni di profonda fragilità psicologica. Il gesto dell’uomo del Bangladesh è l’ennesima testimonianza di una sofferenza silenziosa, che raramente trova ascolto o sostegno.