Il Ponte sullo Stretto è un’opera fondamentale per il futuro della Sicilia e dell’Italia, “ma siamo in ritardo”. Oggi siamo alla canonica ultima chance. Ne va della sopravvivenza economica del Sud, anche perchè quell’opera “presuppone anche l’infrastrutturazione del Sud Italia”.  Si torna a parlare di Ponte sullo Stretto ed a Talk Sicilia, l’ex ministro Calogero Mannino ha spiegato i motivi per cui è a favore del Ponte.

Nasce l’Eurasia e la Germania fa da capofila

Viviamo in un mondo globale e la pressione del dragone cinese è sempre più forte. Con una parte dell’Europa, con la Germania a fare da capofila, sempre più poggiata dal punto di vista strategico ed economico verso l’Asia, il sud Europa rischia di pagare a caro prezzo l’assenza di infrastrutture in grado di supportare l’economia. Nonostante la Sicilia sia il centro geopolitico del Mediterraneo, nell’isola non è mai stato realizzato un hub portuale in grado di attrarre il commercio internazionale. Per Mannino la Sicilia non riesce a dare valore al suo essere una piattaforma strategica in mezzo al Mediterraneo. Come se il mare non esistesse. Per queste ragioni, il Ponte sullo Stretto è veramente l’ultima occasione per agganciarsi ai corridoi europei.

Mannino, “deluso dal governo Draghi, doveva puntare sul Sud”

“Mario Draghi ha svolto un’attività assai meritoria. Gli italiani non dovrebbero dimenticarlo, non per manifestare gratitudine, ma per tenere presente il modo con cui si governa e l’impostazione che si deve dare al governo”, è l’incipit dell’ex Ministro per criticare l’operato dell’ex premier rispetto a quanto si sarebbe potuto fare per il Sud. “Sono rimasto deluso dal governo Draghi – spiega – perchè ha perduto la grande occasione dell’utilizzazione del Pnrr in funzione del Mezzogiorno d’Italia. Il Sud d’Italia non ha una rete autostradale e non ha l’alta velocità e questo vale anche per la Sicilia”. Per Mannino, l’infrastrutturazione al Sud va fatta “una buona volta per sempre”.

Mannino, rischiamo dipendenza industriale dalla Germania

Mannino ricorda che negli anni 80 si era tentato di portare avanti questa impostazione: ” poi c’è stata la grande cesura del 1992, ma per questi trent’anni questi problemi sono stati totalmente ignorati, misconosciuti. Questo è un nodo fondamentale, perché se l’Italia non vuole rimanere al servizio dell’economia industriale tedesca, perché questa è ciò che accade a una larga parte dell’apparato industriale della Pianura Padana, strettamente legata alla Germania, noi dobbiamo recuperare il Sud e recuperare soprattutto la funzione nel sistema dei trasporti del Sud. E  allora il ponte sullo Stretto non è una civetteria, non è un capriccio”.

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