Una cassiera di un supermercato, che lavorava nel gruppo di distribuzione Pam Spa a Villorba, in provincia di Treviso, è stata licenziata a seguito del suo persistente rifiuto di indossare una mascherina, nonostante le direttive aziendali.

La vicenda

La vicenda, raccontata da Leggo.it, è emersa dopo la fine dello stato di emergenza legato alla pandemia, quando l’obbligo legale di indossare le mascherine era stato revocato ma il protocollo aziendale sottoscritto tra il governo italiano e le parti sociali era ancora in vigore. Questo protocollo prevedeva la possibilità per i datori di lavoro di imporre l’uso delle mascherine in determinati contesti lavorativi. Il gruppo Pam Spa ha aggiornato il suo protocollo il 17 agosto 2022, rendendo obbligatorio l’uso delle mascherine chirurgiche e stabilendo una serie di sanzioni in caso di violazione.

Il rifiuto

La dipendente in questione, con quasi vent’anni di servizio all’attivo, aveva costantemente rifiutato di indossare la mascherina nonostante i richiami ripetuti da parte della direzione. Ancora più preoccupante, quando le è stato chiesto di lasciare il posto di lavoro a causa della sua mancata conformità alle norme di sicurezza, ha resistito. In un caso eclatante, ha addirittura chiamato un gruppo di conoscenti che hanno causato disagi registrando dipendenti e clienti del supermercato. La stessa dipendente aveva documentato le conversazioni e registrato i colleghi.

La decisione del Tribunale di Venezia

Dopo tre mesi di insubordinazione, seguiti da avvertimenti, una serie di sanzioni e una sospensione di dieci giorni, l’azienda ha preso la decisione estrema del licenziamento. Il tribunale del lavoro di Venezia ha valutato il caso e ha concluso che la decisione dell’azienda era proporzionata, rispondendo al criterio di precauzione. Il giudice ha, inoltre, sottolineato che il comportamento della dipendente era caratterizzato da un atteggiamento provocatorio e ostinato, incluso il suo desiderio di rimanere sul posto di lavoro senza mascherina, nonostante fosse a conoscenza delle conseguenze.

In definitiva, il tribunale non ha ritenuto che l’azienda abbia adottato un atteggiamento persecutorio o discriminatorio nei confronti della dipendente, sostenendo che la massima sanzione espulsiva fosse proporzionata alla reiterazione del comportamento inadeguato. Questa sentenza rappresenta uno dei primi casi in Italia in cui un dipendente è stato licenziato per il rifiuto di indossare la mascherina in base al protocollo aziendale, anche dopo la fine dell’obbligo di legge.