“Massimo riserbo. Al momento nessun commento”. Luca Cianferoni, uno degli avvocati storici di Totò Riina, il boss di cosa nostra morto la notte scorsa, vuole aspettare prima di fare dichiarazioni. Nel giugno scorso, durante una delle udienze del processo d’appello per la strage del treno 904 a Firenze, Cianferoni era tornato a chiedere “la detenzione domiciliare ospedaliera” per Riina, le cui condizioni già allora, disse, si erano “aggravate”. “Ha diritto a morire dignitosamente – aggiunse l’avvocato -: non abbiamo mai chiesto che torni a casa, ma che sia assistito in ospedale”. Nel mese di luglio il tribunale di sorveglianza di Bologna aveva respinto la richiesta.
Per Giovanna Maggiani Chelli, dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili “E’ morto Salvatore Riina il boia di via dei Georgofili del 27 Maggio 1993. In via dei Georgofili ha messo in atto ‘La strage del 41 bis’ come la definì il Procuratore Gabriele Chelazzi: 5 morti, 48 feriti sono stati il tentativo di Salvatore Riina di far abolire il 41 bis. Abbiamo speso 25 anni della nostra vita e non ce l’ha fatta Salvatore Riina a fare abolire sulla carta bollata il carcere duro ed è morto a 41 bis, questo è quanto dovevamo ai nostri morti”.
“Tuttavia fin da quel 1993 e fino ad oggi – aggiunge – i passaggi da 41 bis a carcere normale, hanno denotato quanta forza nell’ambito dello Stato sia stata spesa per assecondare i desiderata della mafia, ma questo è un capitolo ancora tutto aperto. Stiamo aspettando un processo per capire chi aveva in quel 1993 promesso a Riina ,in cambio di morti, l’abolizione del 41 bis”.
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