C’è tensione nel nord del Kosovo, al confine con la Serbia. Negli scorsi giorni i serbi kosovari hanno eretto nuove barricate nella città di Mitrovica. Le autorità kosovare hanno affermato di essere pronti all’intervento ma attendono la reazione della missione NATO. Il presidente serbo, invece, ha messo in stato d’allerta sia l’esercito che la polizia.

Il nord del Kosovo, dove l’etnia serba costituisce la maggioranza, è in subbuglio da novembre, quando centinaia di poliziotti, giudici e pubblici ministeri serbi hanno lasciato il lavoro per protestare contro la decisione di Pristina di vietare le targhe emesse da Belgrado all’interno del Paese.

Il governo del Kosovo ha, poi, fatto marcia indietro ma gli scioperi di massa hanno causato problemi di sicurezza. E oggi, mercoledì 28 dicembre, le autorità kosovare, per disinnescare la tensione, hanno annunciato il rilascio dell’ex ufficiale di polizia di etnia serba Dejan Pantic, il cui arresto, avvenuto 18 giorni fa, ha spinto centinaia di serbi indignati a istituire blocchi stradali nel nord del Kosovo, paralizzando il traffico. Pantic è stato arrestato perché sospettato di essere coinvolto in un attacco ai funzionari della Commissione elettorale centrale.

L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno esortato il Kosovo e la Serbia a prendere misure “immediate” per ridurre le tensioni: “Chiediamo a tutti di esercitare la massima moderazione, di agire immediatamente per ridurre incondizionatamente la situazione e di astenersi da provocazioni, minacce o intimidazioni”, si legge in una dichiarazione congiunta di Bruxelles e Washington, dopo che il Kosovo ha chiuso il valico di frontiera con la Serbia.

Il Cremlino, invece, tramite le parole pronunciate dal portavoce Dmitry Peskov, ha affermato: “Sosteniamo Belgrado nelle sue azioni. La Serbia è un Paese sovrano. È assolutamente sbagliato cercare una sorta di influenza distruttiva della Russia. Naturalmente, la Serbia protegge i diritti dei serbi che vivono nelle vicinanze in condizioni difficili. E reagisce duramente quando questi diritti vengono violati”. Il riferimento è su una presunta volontà della Russia di destabilizzare i Balcani con l’obiettivo di distogliere attenzione e risorse dall’Ucraina.