Tra Serbia e Kosovo è salita la tensione dopo che i media locali hanno riportato che le forze kosovare hanno bloccato le strade lungo il confine e che l’esercito serbo è stato messo in allerta.

L’escalation è conseguenza dell’annuncio di Pristina di vietare l’uso di documenti e brevetti serbi in territorio kosovaro. L’entrata in vigore di queste misure, però, è stata posticipata al 1° settembre a cause della reazione di Belgrado. La polizia del Kosovo, tuttavia, ha bloccato temporaneamente i valichi delle città di Brnjak e Jarinje.

In pratica, a partire da oggi, 1 agosto, le autorità kosovare avrebbero dovuto attuare una legge che impone ai serbi che vivono nel territorio conteso di sostituire le immatricolazioni dei veicoli rilasciate dalla Serbia con targhe del Kosovo; di sostituire altri documenti, come le carte d’identità. Previsto anche i divieto di ingresso ai viaggiatori con documenti rilasciati da Belgrado.

Inoltre, stando sempre ai media locali, ci sarebbero stati degli spari tra le due parti così come si sarebbero udite sirene antiaeree nel nord della città di Mitrovica dove, dopo la guerra del 1998 – 1999, ci sono due zone: l’una a maggioranza albanese che vive a sud; l’altra a maggioranza serba che risiede al nord.

Il ministero della Difesa serbo ha riferito che le forze militari sono in allerta, tuttavia “non ha ancora superato il confine”. Inoltre, il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha denunciato che l’esercito kosovaro intende effettuare un attacco contro la popolazione serba che vive nel nord della provincia autonoma del Kosovo: “Preghiamo e cercheremo la pace. Ma vi dirò che non ci sarà alcuna resa e la Serbia vincerà”, ha detto.

La missione della NATO in Kosovo (KFOR), che conta più di tremila soldai, ha annunciato in un comunicato di essere pronta a “intervenire” se la stabilità nel territorio fosse minacciata.