I giudici della quinta sezione penale presieduti da Donatella Puleo hanno condannato Santo e Alessandro Sottile, padre e figlio accusati di usura rispettivamente a 12 anni e 2 mesi e a 6 anni e 8 mesi.

Il collegio ha anche deciso di riconoscere delle provvisionali tra i 50 mila e i 150 mila euro a tre delle vittime che hanno deciso non solo di denunciare ma anche di costituirsi parte civile nel processo, con l’assistenza degli avvocati Salvatore e Rosalia Maria Gugino, e Maria Luisa Martorana.

Un imprenditore avrebbe chiesto un prestito di 450 mila euro ai due e nel giro di un anno si sarebbe infatti ritrovato a dover restituire un milione di euro.

I due erano stati arrestati a gennaio dell’anno scorso con il blitz “Papillon” della guardia di finanza, diretti dal colonnello Alessandro Coscarelli.

L’inchiesta è stata coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Andrea Fusco. Gli inquirenti avevano anche sequestrato un patrimonio dal valore di 5 milioni, composto da 7 immobili, 3 aziende ed auto di lusso. Le vittime erano per lo più in provincia nella zona di San Cipirello dove padre e figlio erano residenti. I due sono stati arrestati con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’usura, estorsione, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti ed attività finanziaria abusiva.

“Una sentenza esemplare – quella emessa oggi dal Tribunale di Palermo, Sezione V penale – contro Sottile Santo e il figlio Alessandro, condannati per usura rispettivamente a 12 anni e 2 mesi e a 6 anni e 8 mesi, oltre alla confisca di beni mobili e immobili – dicono dall’associazione Solidaria – l’associazione ha assistito tutte e cinque le parti civili costituitesi in giudizio, che hanno ottenuto complessivamente mezzo milione di euro a titolo di provvisionale. “Ancora una volta – dichiara Salvatore Cernigliaro, presidente di Solidaria – si conferma che la sinergia tra Autorità Giudiziaria e Associazionismo antiracket e antiusura è la risposta vincente per contrastare in modo efficace questi gravi reati. Non è un caso che Solidaria, attualmente impegnata nella realizzazione di un progetto, finanziato con i fondi del PON Legalità, abbia voluto intitolarlo Insieme si può, perché” – prosegue Cernigliaro – “abbiamo la consapevolezza che contro il racket e l’usura è necessario il contributo di tutta la parte sana del paese.”

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