Scardinare gli stereotipi legati all’India, addentrandosi nel cuore di questa civiltà.
E’ il senso del documentario ‘Alain Danielou – Il Labirinto di una vita’ del veneziano Riccardo Biadene che sarà proiettato sabato 8 luglio alle 22,30 alla Chiesa dello Spasimo di Palermo, nell’ambito del ‘Sole Luna Doc Film Festival’. Il lavoro è prodotto da Find -Fondazione India-Europa di Nuovi Dialoghi e Kama Procuctions, nuova casa di produzione che narra l’Oriente, la musica e le arti performative.
Si racconta sullo schermo la straordinaria vita di Alain Daniélou, bretone d’origine, che intraprende dal 1932 con il compagno fotografo Raymond Burnier un viaggio alla volta dell’India, lasciando un Occidente che non lo soddisfa. Stabilitosi sulle rive del Gange a Benares, per quasi vent’anni studia il sanscrito, i testi vedici, la filosofia, la musica e la danza indiane, alla ricerca di un’armonia fra natura e spirito che il continente in cui è nato sembra aver dimenticato.
Una storia che non segue un percorso lineare, come suggerisce lo stesso titolo, suggerendo piuttosto una struttura labirintica, sia a livello di forma che di sostanza, alla ricerca di una priorità di senso in cui riconoscersi sulla base di chi ha vissuto profondamente una realtà diversa da quella in cui si collocano le proprie radici.
“Mi ha dato tantissima soddisfazione il fatto che il film sia stato inserito in concorso – spiega il regista -. Avevo a disposizione poco materiale d’archivio, ma nonostante ciò è stato un lavoro lungo e complesso, che comprende 120 ore di girato e di cui dare dare una sintesi non è stato facile, soprattutto in fase di montaggio. Sono vicino da sempre all’India, dove mi recai in viaggio in camper con la mia famiglia quando avevo cinque anni. I miei genitori, al posto delle tradizionali fiabe di Esopo, mi leggevo quelle della mitologia indiana e ascoltavo musica indiana. Più avanti la letture di testi legati a Daniélou mi hanno affascinato e arricchendo notevolmente la mia conoscenza su questa cultura, di cui mi occupo ormai da diversi anni. Durante l’università a Bologna gestivo, infatti, concerti di musica indiana, di cui mi chiese di occuparmi la Fondazione India Europa, fondata proprio dal protagonista del documentario, con l’obiettivo di portare in Occidente questo tipo di musica.”
Un grande successo per il film che, dopo la ‘World Premiere a Visions du Réel’ di Nyon e la Prima Nazionale al ‘Biografilm Festival’ di Bologna, arriva a Palermo, ma si prepara per la proiezione in autunno nella sede dell’Unesco di Parigi. Dal 1950, infatti, sotto l’egida dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, Danielou ha registrato e pubblicato la prima collana di World Music classica della storia portando in Occidente i grandi musicisti d’Oriente e rivendicando un ruolo paritario per le musiche classiche non convenzionali.
“Il mito dell’India costituisce da sempre uno stereotipo dell’ ‘altrove’ – afferma Biadene -. Non c’è un unico messaggio nel documentario, che mi piace definire un viaggio musicale. Il lavoro vuole invitare a una conoscenza più approfondita di questa civiltà, che ha millenni di storia alle spalle e intorno alla quale si sono sviluppate una serie di ideologie legate a una spiritualità astratta che poco corrisponde alla pragmaticità della cultura del luogo. Si parla spesso dell’india – continua – in relazione ad integralismi o alla condizione della donna, messa spesso in prima pagina riguardo eventi tragici, ma spesso sono solo gli unici che vengono divulgati dai mass media. Sarebbe bello, invece, avvicinarsi a questa cultura e conoscerla più da vicino, al di là degli slogan e delle etichette. Punto chiave è il concetto di ‘esperienza’: per un indiano la conoscenza astratta va sempre applicata a quella pratica. La parabola di Daniélou insegna che tutti gli scalini della nostra esistenza sono dei mezzi che aiutano a capire umilmente le priorità di senso della propria vita e in tal senso – conclude – l’India ha molto da insegnare all’Occidente.”
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