L’Albergheria di Palermo si ribella al crack, droga devastante. L’argomento è stato al centro di una puntata di Talk Sicilia, il programma di approfondimento di BlogSicilia.
Alla puntata hanno preso parte Francesco Zavatteri, Fra Gaetano Morreale della Chiesa Sant’Antonino e Don Enzo Volpe di SOS Ballarò.
Vi vogliamo raccontare la ribellione positiva di un quartiere. Ma non soltanto. È un’iniziativa che guarda e parla a tutta la città per sconfiggere o quanto meno per affrontare un problema, per creare accoglienza intorno ai giovani che si trovano nel mondo della droga.
Partiamo dal raccontarvi la vicenda di Giulio, un giovanissimo, un ragazzo che dipingeva. Giulio è venuto a mancare il 15 settembre scorso. E da qui parte l’impegno di Francesco Zavatteri, il padre di Giulio.

La coraggiosa testimonianza: “Ho scelto di reagire”

“Io penso – dice Zavatteri – che quando una vita finisce così, a 19 anni, con grandi prospettive e desideri, ci sono due cose che avvengono. O ci si chiude silenziosamente nel proprio dolore, oppure si reagisce e si affronta.
E io ho scelto di reagire perché desidero che nessun altro figlio, nessun’altra famiglia, si possano trovare nella situazione che abbiamo vissuto noi. Una situazione molto complessa e difficile. Ci si ritrova veramente soli, senza la possibilità di dare un aiuto concreto ai ragazzi dipendenti dalle droghe”.

L’escalation del consumo di droghe

Il consumo di droghe è purtroppo in aumento. I numeri lo dimostrano. Un fenomeno, quello dell’assunzione di droga, che è in crescita, che a Palermo parlava di 2524 censiti come assuntori nel 2019 e 2328 assuntori nel 2020. Siamo nel 2022 e questa fase purtroppo è in costante crescita. Parliamo quindi di una condizione di grande disagio e spesso questi giovani si trovano abbandonati a se stessi.

I mercati di morte

Don Enzo Volpe racconta la sua esperienza sul territorio e i segnali provenienti dalla città. :”Il territorio dell’Albergheria, come anche altri territori e altri quartieri a Palermo, sono di fatto dei mercati low cost a cielo aperto, di morte. Ringrazio il signor Zavatteri per il suo coraggio e la sua trasparenza.
Il quartiere chiaramente si presta per tanti motivi ad essere criminalizzato. E noi dobbiamo evitare di criminalizzare un quartiere, una zona dove oggettivamente c’è uno spaccio incredibile di fiumi di crack, di questi cristalli che devastano il cervello, consumati da ragazzi e adulti.
Vogliamo fare qualcosa, stiamo attivando un processo.
Non è assolutamente soltanto una manifestazione. Vuole essere l’inizio di una riflessione, una riflessione profonda, importante, che tocchi in modo particolare le istituzioni. Perché tutti siamo coinvolti come cittadini. Però è chiaro che ci sono alcune istituzioni e alcuni servizi che devono essere attivati perché non è possibile ridurli. Ora si chiamano Serd, Servizi dipendenze per le dipendenze. E parte proprio da questo quartiere, dal quartiere Albergheria, dove è più evidente la sofferenza, dove è più evidente anche la presenza di tanti ragazzi che soffrono, e di conseguenza anche tante famiglie. Ecco i motivi della manifestazione del 4 novembre.
Vuole attivare un processo di consapevolezza”.

I servizi insufficienti

I Sert o Serd, come si chiamano adesso, sono in buona sostanza i centri che dovrebbero occuparsi della disintossicazione di questi giovani. Sono i centri dove vengono teoricamente o in via obbligatoria inviati gli assuntori che sono censiti, ma non sempre questi centri funzionano come dovrebbero, spesso non sono sufficienti per numero, spesso non sono sufficientemente attrezzati, troppo spesso non hanno neanche i materiali che servono, fermo restando che vi lavorano operatori che tentano di fare quello che possono.

L’esperienza di Fra Gaetano

Fra Gaetano Morreale, della chiesa di Sant’Antonino, conosce bene il problema e in molti gli chiedono aiuto: “Sant’Antonino è un avamposto di fragilità e un avamposto di tutte quelle situazioni di ansia e di preoccupazioni, di tanti genitori, di tante famiglie, di tanti amici che vengono a chiedere aiuto per figli, nipoti, amici. Noi ci troviamo nel territorio ad accogliere queste preoccupazioni, che talvolta rimangono, come dire, anche un po’ inascoltate. E una cosa che abbiamo notato in questi ultimi tempi è proprio una sfilacciamento dei rapporti nella rete tra noi e le istituzioni per colpa di una burocrazia farraginosa. MI preme però sottolineare che le parrocchie del territorio cominciano ad avere consapevolezza riguardo a questo fenomeno che sta diventando sempre più in aumento. Siamo molto preoccupati, ma nello stesso tempo desideriamo che tutti possano lavorare perché questo fenomeno venga arginato al più presto possibile. Ovviamente l’appello è quello di fare rete e aiutarci perché il fenomeno può sfuggire di mano da un momento all’altro, proprio perché non ci sono le competenze necessarie. Da parte nostra, per esempio, non ci sono le strutture necessarie e anche le parrocchie spesso hanno difficoltà.
Dobbiamo fare rete. Raccontarci, aprirci ma soprattutto capire dove possiamo essere presenti”.

La città deve rispondere

La città deve rispondere a questa escalation di dolore e morte. Lo ribadisce con forza il padre di Giulio che racconta ancora la sua storia: “Una settimana dopo il decesso di Giulio, io ho deciso che non non ci si può nascondere dietro un dito e accettare una situazione di questo genere. Silenziosamente, quindi, ho organizzato una delegazione di persone e mi sono recato a Palazzo delle Aquile a parlare con il con il sindaco professor Roberto Lagalla, che ci ha accolto in modo molto, molto disponibile. Eravamo presenti io e mio figlio, il professor Gino Rocca, che si occupa da oltre vent’anni di volontariato sul territorio e in particolare di questi ragazzi disagiati, la dottoressa Francesca Picone responsabile dei Sert, l’avvocato Cinzia Pecoraro che è una penalista esperta in questioni di minori, il il dottor Spinato che è il responsabile dell’Unità operativa dipendenze patologiche. Era presente anche la dottoressa Maria Paola Ferro, che è una dirigente dell’assessorato Sanità.
In quella sede abbiamo abbiamo chiesto intanto di firmare un accordo di programma con la struttura sanitaria regionale, un modo più efficace al recupero delle vittime della droga che sempre più rischiano di perdersi in questo tunnel terribile”.

Il documento con idee e propositi

Prosegue Francesco Zavatteri: “Lo scopo è quello di aprire un centro di accoglienza a bassa soglia, il cosiddetto drop in, per i tossicodipendenti, in prossimità dei luoghi di spaccio, a cominciare dal quartiere di Ballarò, gestito dalle stesse istituzioni sociali e sanitarie con l’appoggio del terzo settore e del volontariato.
E appunto, l’intento è quello di creare un punto di incontro con questi ragazzi e con i genitori, per trovare anche una chiave di lettura, capire le loro problematiche. Bisogna assisterli anche da un punto di vista sanitario.
Questi ragazzi molto spesso di ritrovano abbandonati, dormono per strada, senza nessun supporto, senza nessun aiuto. L’idea è, quella di creare, all’interno di questa struttura, con l’aiuto dei volontari, dei laboratori di musica, di arte, di pittura, per far sì che questi ragazzi possano risorgere e intraprendere un nuovo cammino, un nuovo percorso di vita. A questo scopo io sto coinvolgendo molti amici musicisti e voglio organizzare una serata al Teatro Massimo dal titolo Giulio, dove racconterò la breve vita di Giulio, l’esperienza che ha vissuto e quali sono gli effetti e i danni causati dal crack”.

Il legame tra crack e prostituzione

Nel suo documento, Francesco Zavatteri parla degli effetti del crack. “E’ la più devastante delle droghe – spiega – perché distrugge le connessioni neuronali e i recettori della dopamina, portando irrimediabilmente gli assuntori alla schizofrenia. Una dipendenza spesso irreversibile, che porta questi ragazzi a compiere dei gesti delittuosi pur di assumere la sostanza. Spesso la sostanza viene spacciata in pezzi e viene ceduta sfruttando gli assuntori stessi, che vengono ricompensati con alcuni pezzi per il loro fabbisogno giornaliero. Diversi ragazzini minorenni dipendenti dal crack si prostituiscono per ottenere un pezzo da fumare e il costo varia dai cinque ai 15€ massimo. E sotto l’effetto della droga vengono anche abusati sessualmente”.

Anche bambini in overdose

Uno scenario certamente devastante. Bisogna ricordare che dall’inizio dell’anno, ben 16 bambini sono arrivati negli ospedali palermitani in overdose. Parliamo di bambini, appunto, non soltanto di giovani. Questo è un dato che è giusto conoscere. Bisogna comprendere la gravità del fenomeno e l’urgenza di intervenire subito.
Don Enzo aggiunge: “Bisogna mettere insieme le forze per non disperdersi. Si tratta di una economia criminale, che crea disunione e dispersione.
Ecco la compattezza di una città come Palermo che si sveglia finalmente dopo tanti anni. Non si possono rimandare le soluzioni. Bisogna mettersi insieme attorno a un tavolo, concretamente e operativamente, e stare in mezzo a questi ragazzi.
Ecco perché questo corteo cittadino, lo sottolineiamo, deve essere un’occasione bella per attivare un percorso che poi deve trovare la partecipazione attiva delle istituzioni”.

Drammi che non devono più accadere

Conclude il padre di Giulio: “Sono drammi che che devastano una famiglia. Giulio aveva due fratelli che lo adorano, che sono distrutti e che vivono questo questo sentimento di perdita e di vuoto che è assolutamente incolmabile. Anche perché Giulio era un ragazzo estroverso e un ragazzo di un’intelligenza preziosa, con mille desideri, una volontà di vita. La droga purtroppo ha spento la sua vita e le sue prospettive future in questo modo così assurdo e drammatico”.

La versione integrale della puntata di Talk Sicilia

La versione podcast della puntata di Talk Sicilia


 

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