- Intrecciare le foglie di palma nana per dare vita a innumerevoli creazioni
- In questo consiste il lavoro dell’artigiana palermitana Irene Iacona
- Si tratta di una antica arte che Iacona vorrebbe tramandare alle nuove generazioni
La versione della coffa come non l’avete mai vista? E certo perché Irene Iacona, artigiana palermitana interessante e motivata, grazie all’uso della palma nana che lavora ed essicca, la intreccia partendo da zero e se questo non fa già la differenza, cos’altro potrebbe farla in un mondo così omologato?
Una antica arte
Il suo principale obiettivo è quello di preservare gli antichi mestieri della tradizione sicula a costo zero grazie a quest’antica arte che ormai non pratica più nessuno.
La sua passione è infatti quella di una donna che prevede un lavoro manuale lunghissimo, fatto con certosina pazienza a cui si dedica da più di trentacinque anni; oltre alla storica e tornata da anni in auge coffa (un conto però è acquistarla già pronta e bardarla come fanno quasi tutti, un altro è costruirla di sana pianta), Irene produce di tutto: ceste di ogni genere, fino a giungere al top, lo zimmile, l’antica gerla che serviva per trasportare grano, oggi diventato un altro ricercatissimo borsone da utilizzare per il mare ma soprattutto per distinguersi dalla massa con questa gentilissima, sciccosissima, grandissima bag di forma rettangolare.
Tramandare la tradizione alle nuove generazioni
Ad ogni modo l’artigiana, vero proprio ago nel pagliaio, ha scelto un compito veramente arduo, armata di sconfinata pazienza e da quella fiamma che sempre più raramente si trova nell’animo di crea, torce fili e li cuce, partendo dal cuore di una cesta fino ad arrivare a destinazione, con un nobile obiettivo: non solo preservare questa tecnica – come già scritto – ma tramandarne la tradizione possibilmente tramite corsi rivolti alle nuove generazioni.
L’arte dell’intreccio che rischia di estinguersi
“Purtroppo – commenta La Iacono – oggi con l’avvento della plastica e il suo uso su larga scala, questo prezioso
intreccio è caduto in disuso e rischia di estinguersi. Eppure è un sapere raffinato, immenso e perfettamente sostenibile.
In un’epoca dominata dal consumismo – prosegue – imparare a fare un oggetto artigianale, senza acquistare nulla, significa riprendere i legami tra l’uomo, la terra e le sue tradizioni, ma anche conoscere piante e stagioni per produrre oggetti artistici che dureranno nel tempo”.
L’intreccio delle foglie di palma nana
Ed ecco che dall’artigiana, come pochissime ne sono rimaste, si svolge l’intreccio delle foglie di palma nana Chamaerops humilis.
Dalla preistoria sino a tempi relativamente recenti l’uomo ha utilizzato, annodandole e attorcigliandole, parti di piante (polloni, rami, foglie…) per produrre oggetti di uso domestico necessari per contenere e conservare gli alimenti (canestri, cesti, stuoie) e per le attività agricole (ceste, coffe, zimmili…) e della pesca (corde, reti, nasse…)
Corsi per sperimentare ed apprendere
“Al fine di promuovere la manualità, recuperare e trasmettere la cultura le tradizioni e la storia di questo antico mestiere – prosegue -, ritengo sia necessario offrire alle persone, ma soprattutto alle nuove generazioni, la possibilità di cimentarsi in questa attività, dando loro la possibilità di partecipare a dei corsi in cui sperimentare ed apprendere le tecniche dell’intreccio e le procedure per produrre manufatti”.
Dove si trova la palma nana
Nel dettaglio la palma nana (Chamaerops humilis) è una specie botanica endemica tipica della macchia mediterranea; “l’unica – racconta Irene – che nasce spontaneamente nelle coste dell’Europa meridionale e dell’Africa settentrionale. Si presenta come un cespuglio sempreverde i cui individui dal fusto ricoperto da squame, sono sormontati da un ciuffo di foglie a ventaglio molto frastagliate la cui parte interna è formata da tenere foglie non ancora dischiuse, che prende il nome di curina (cuore della palma).La pianta prospera in terreni soleggiati su substrati argillosi calcarei, soprattutto, cresce spontaneamente nelle rocce a picco sul mare. La possiamo trovare lungo tutte le coste della Sicilia (Monte Cofano, Riserva dello Zingaro, Monte Gallo, Capo Zafferano, etc)”.
La materia prima dell’intreccio sono le foglie non ancora dischiuse.
La loro raccolta avviene nel periodo estivo (luglio e agosto nelle ore calde del giorno, successivamente vengono esposte al sole per essere essiccate e sbiancate, quindi private delle parti inutilizzabili (acinie esterne troppo sottili e piccole) potranno essere conservate anche per un lungo tempo.
Le lavorazioni
Spiega l’artigiana: “L’intreccio delle fibre vegetali è una pratica che assume caratteristiche diverse a seconda delle tecniche esecutive adottate e della destinazione d’uso. Le lavorazioni essenzialmente sono di due tipi: la corda e la treccia.
Per la lavorazione della corda, come anche per i vari tipi di treccia, si parte dalle foglie giovani non ancora dischiuse fatte essiccare al sole e poi fatte rinvenire in acqua per renderle flessibili e resistenti. Delle foglie si adoperano dei filamenti che si ottengono dividendo in due i segmenti delle foglie, si inizia quindi la torsione
– sottolinea Irene – avendo cura di inserire man mano nuovi filamenti la cui base viene inglobata nella torsione”.
Non meno impegnativa è la lavorazione della treccia: ve ne sono di diversi tipi che dipendono dal numero di capi che adoperiamo e da come questi ultimi vengono incrociati.
Una tecnica affascinante
Aggiunge Irene, che abbiamo incontrato mentre lavorava: ”Le creazioni che fino ad ora ho prodotto fanno riferimento a quelle della tradizione siciliana, per il loro aspetto estetico, ma soprattutto per la complessa elaborazione, per giungere al prodotto finito, quindi: stuoie, corde, coffe e borse di varie fogge, ovviamente apportando delle modifiche per adattarle al nuovo uso che le si vuol dare.”.
Il suo lavoro è molto affascinante e oramai rarissimo, ammirarne l’intreccio con cui realizzava tramite mani esperte coadiuvate da un grande ago, non ha avuto veramente prezzo.
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