30 anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a 40 anni da quella di Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa, come si può mantenere vivo non solo il loro ricordo, ma soprattutto il messaggio di cui sono stati ambasciatori? Arte vs Mafia, in onda in esclusiva su Sky Arte il 23 maggio alle 21.15, inizia e si chiude con la voce di Paolo Borsellino, l’ultimo degli uomini dello Stato uccisi dalla mafia, convinto che contro il crimine organizzato non basti la repressione e che sia necessario un ampio movimento morale e culturale.
Il documentario, diretto da Simona Risi e scritto da Valeria Parisi, racconta come il sacrificio degli uomini dello Stato abbia segnato le coscienze non solo dei cittadini comuni, della giustizia e della politica, ma anche del mondo dell’arte; le testimonianze di artisti, giornalisti, fotografi, testimoni e famigliari delle vittime (Maria Falcone, Fiammetta Borsellino, Franco La Torre), danno vita ad una intensa narrazione che unisce la riflessione artistica alla cronaca. Tante le immagini che ricostruiscono questo mosaico, a partire dalla fotografia scattata da Tony Gentile a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che si sorridono in un momento di intimità e alla quale si ispira il murales che troneggia sul lungomare di Palermo dipinto dagli street artist Rosk e Loste; i volti dei due magistrati hanno ispirato anche la Porta dei Giganti, un’imponente installazione pittorica di Andrea Buglisi su due palazzi costruiti accanto al carcere dell’Ucciardone.
Nell’aula bunker di Palermo, teatro del maxi processo, l’artista Velasco Vitali ha esposto per la prima volta il Branco, opera/metafora itinerante realizzata con rifiuti derivanti dall’abusivismo edilizio, ora esposta nel cortile della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Palermo, dove hanno studiato Falcone e Borsellino e i tanti giovani che ne seguono l’esempio. Di mafia, ma soprattutto di riscatto nella cultura parla l’artista concettuale Emilio Isgrò che vede la sua “Sicilia cancellata” come “una terra che ha il problema di non avere avuto, nel passato, un ceto medio: in basso c’era Riina, in alto Pirandello”; le belle fotografie di Ferdinando Scianna raccontano un altro progetto che Isgrò ha dedicato al suo paese nel messinese, il “Seme d’Arancia”, una gigantesca scultura a forma di seme, il seme della rinascita.
Claudio Fava ripercorre le tele del padre Giuseppe Fava, scrittore e giornalista ucciso dalla mafia catanese nel 1984 e che combatteva il crimine con le parole come con le immagini; nella periferia palermitana è nato Roveto Ardente, un trittico murale di Igor Scalisi Palminteri dedicato a Don Pino Puglisi, il prete ucciso a Brancaccio nel 1994 perché insegnava ai giovani non tanto il catechismo, ma le alternative alla criminalità. Toccante infine la testimonianza di Letizia Battaglia, che ha visto e fotografato la mattanza della mafia e che ancora nell’intervista rilasciata pochi giorni prima di morire dichiara che il giorno della strage di Capaci scelse di non andare sul luogo dell’esplosione e di smettere di fotografare gli eccidi di mafia “da Falcone in poi ho detto no, non ho fotografato neppure Borsellino e Don Puglisi”, per non trasmettere, con il suo obiettivo, soltanto dolore, ma appunto, bellezza.
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