Il giudice della V sezione civile del tribunale di Palermo, Emanuela Piazza, ha condannato l’Asp di Palermo a erogare l’indennità Covid a uno studio odontoiatrico a cui l’azienda sanitaria aveva negato, ritenendo che la legge regionale fosse stata abrogata dalla norme nazionale emergenziale. La struttura, come tante altre, ha garantito prestazioni assistenziali durante la pandemia da Covid-19. In questa l’azienda sanitaria dovrà adesso pagare quasi 40 mila euro tra indennità di funzione Covid e spese legali.
La causa
La struttura odontoiatrica è stata assistita dagli avvocati Alessandro Palmigiano e Marco Cassata. Lo studio odontoiatrico di Palermo, accreditato, come previsto dalla legge regionale 9 del 2020 doveva avere riconosciuto, per ciascun mese e per tutto il periodo Covid, un’indennità di funzione pari a 1/12 del budget assegnato per il 2019. Un sostegno per il lavoro aggiuntivo e costante svolto durante la pandemia. Ma quando lo studio medico ne ha fatto richiesta all’Asp, si è vista negare queste somme.
La risposta dell’Asp
L’azienda sanitaria di Palermo, avrebbe ritenuto che la legge regionale fosse stata abrogata dalla normativa nazionale emergenziale. In particolare, avrebbe affermato che l’articolo 4 del decreto legge 34/2020, avesse fatto venir meno l’impegno della Regione. La struttura medica ha evidenziato nel ricorso che la legge nazionale non poteva revocare una legge regionale alla luce dei poteri speciali e peculiari nel settore della sanità. Lo studio medico, infatti, non aveva mai sospeso l’attività sanitaria nel periodo emergenziale, continuando ad erogare i propri servizi, così come veniva documentato durante la causa.
La decisione del giudice
“Si tratta di un contributo una tantum legato all’emergenza in corso ed erogato dalle regioni e province autonome nelle quali insiste la struttura destinataria di budget, a ristoro dei soli costi fissi comunque sostenuti dalla struttura privata accreditata e rendicontati dalla stessa struttura che, sulla base di uno specifico provvedimento regionale, ha sospeso le attività previste dai relativi accordi e contratti stipulati per l’anno 2020 – dicono i legali – Conseguentemente, la legge statale non risulta applicabile al caso anche per la mancanza del presupposto oggettivo, ossia la sospensione dell’attività. Ed infatti, l’odierna ricorrente non ha mai sospeso l’attività sanitaria nel periodo di emergenza cui si riferisce la controversia, continuando ad erogare i propri servizi in favore degli utenti”.
Commenta con Facebook