“Se sei pronta a diventare una balena inciditi ‘yes’ sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti”.
E’ stato uno dei messaggi inviati via ‘social’ due anni fa a una ragazzina di Palermo di appena 12 anni da una giovane di circa 10 anni più grande che si sarebbe spacciata come “curatore” della “Blue Whale Challenge”, un gioco adolescenziale dalle origini ancora sconosciute e diventato ‘virale’ sul web.
Così una 23enne è stata mandata a giudizio con l’accusa di atti persecutori, cioè stalking, e violenza privata aggravata per aver costretto, con un complice ora di 16 anni, una alunna di scuola media a infliggersi tagli sul corpo e ad inviarle le foto, come step iniziale delle 50 prove di coraggio.
A disporre il processo è stato ieri il gup Anna Magelli. Il dibattimento su questo che pare essere il primo e unico caso accertato di Blue Whale a Milano, si aprirà il prossimo 16 aprile davanti al giudice monocratico della nona sezione del Tribunale. per gli altri casi segnalati dovrebbe essere chiesta l’archiviazione.
L’indagine, coordinata dal pm Cristian Barilli, è nata in seguito a una inchiesta giornalistica sul fenomeno, su cui ci sono ancora dubbi e misteri. Come si legge negli atti giudiziari, l’imputata, in concorso con il ragazzo di origini russe ed esperto di informatica (nei suoi confronti indaga la procura del minorenni), avrebbe provocato nella vittima “un perdurante e grave stato di ansia e di paura” per la propria incolumità: tra il maggio e il giugno del 2017, avrebbe contattato la ragazzina palermitana, ora 14 anni, mediante profili Istagram e Facebook come “curatorlady” o “imcurator”, asserendo di far parte della rete di organizzatori del gioco.
Gioco che consisterebbe in “50 prove quotidiane” da superare: “atti di autolesionismo” o altri atti con lo scopo di “recare dolore e/o disagio alla persona, sino alla prova conclusiva consistente nel suicidio mediante salto nel vuoto dal tetto di un edificio”. Dopo di che, come si evince dagli accertamenti informatici, la 23enne, come una sorta di ‘tutor’, avrebbe indicato e imposto alla vittima i gesti da compiere, concordati con il complice. Oltre ad incidersi ” ‘yes’ sulla gamba” o “sul tallone (..) una ‘R'”, le avrebbe chiesto: “prendi il rasoio (…) ora ti fai un taglio sotto il piede sinistro e un taglio sotto il piede destro, un taglio sul palmo della mano destra e un altro sul palmo della mano sinistra e mi invii le foto”, come prova.
In più la presunta “curatrice” avrebbe minacciato e intimidito la ragazzina facendole sapere di conoscere il suo “indirizzo IP di connessione”, cioè dove abitava, e quindi di poter “raggiungerla e ucciderla qualora avesse interrotto la partecipazione alla ‘Blue Whale Challenge'”.
Secondo il capo di imputazione la 12enne non sarebbe l’unica vittima della ragazza finita a processo: ci sarebbe, tra gli altri, anche un canadese con nickname “Bladeaddiction” al quale avrebbe imposto “di salire su un luogo sopraelevato, trasmettendo la fotografia” o “Seraphina Chin” a cui avrebbe ordinato di “gettare via gli antidepressivi prescrittigli” L’avvocato Isabella Cacciari, difensore della 23enne, ieri al gup Magelli, ha chiesto di dichiarare “il non luogo a procedere per la sua assistita perché negli atti, a mio avviso, non ci sono gli elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio”.
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