Un provvedimento doveroso ma bollato dal WWF come tardivo e insufficiente. Si tratta della parziale modifica del calendatio venatorio siciliano con il quale l’Assessore Regionale Agricoltura e Forestae Antonello Cracolici ha disposto, tra l’altro, la sospensione della caccia alla beaccia per cinque giorni, fino al 16 gennaio prossimo.
Il provvedimento è stato amanato a seguito delle giornate di forte freddo.
Il WWF, però, aveva avanzato istanza, già lo scorso sette gennaio, di sospensione totale della caccia. Il provvedimento ora emanato, oltre al divieto di caccia alla beccaccia per cinque giorni prevede solo la sospensione dell’uso di cani da caccia, sempre fino al prossimo 16 gennaio, e l’attività venatoria vagante per 6 giorni. La caccia nelle restanti forme (in battuta e da appostamento) ed alle altre 19 specie (tra cui alcune addirittura riconosciute in declino in Europa e da proteggere!) continuerà fino alla regolare chiusura della stagione venatoria, prevista per il 30 gennaio.
“Si tratta di un provvedimento anzitutto tardivo, visto che per una settimana la fauna è stata fucilata senza tregua nonostante freddo e neve – commenta Ennio Bonfanti, referente “fauna” del WWF Sicilia e membro del Comitato regionale faunistico venatorio dell’Assessorato all’Agricoltura – e di un atto dovuto, in quanto già previsto dalle vigenti norme venatorie. Ma dal punto di vista della conservazione della fauna è evidentemente insufficiente, poiché – ammesso che venga rispettato alla lettera da tutti i 34mila cacciatori siciliani, stante la notoria assenza di controlli nelle campagne – si continuano a sottoporre alle fucilate animali selvatici proprio quando questi sono più vulnerabili perchè stremati dai rigori dell’inverno: ogni cacciatore potrà uccidere ben 15 animali al giorno, anche di specie con status di conservazione sfavorevole! Una scelta più coraggiosa e di maggiore buonsenso avrebbe comportato la totale chiusura anticipata della caccia, ma tant’è – conclude amaramente Bonfanti -: per la Regione i cacciatori sono l’unica vera “specie protetta” che deve sempre e comunque essere accontentata!”.
Sempre secondo gli ambientalisti rimangono gravemente inascoltate anche le autorevoli indicazioni del mondo scientifico. A tal proposito si ricorda che già a maggio dell’anno scorso l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) aveva chiesto alla Regione la chiusura anticipata al 31 dicembre della caccia alla beccaccia. La forte pressione venatoria e la precocità riproduttiva di questa specie, infatti, consigliano di non allungare la stagione venatoria fino all’inverno inoltrato. Analogamente, l’ISPRA aveva chiesto la chiusura anticipata della caccia ai tordi al 10 gennaio, poiché dopo quella data vi è un periodo climatico più critico per tali specie, tra l’altro appena precedente a quello di migrazione pre-nuziale e pertanto necessitante di una adeguata preparazione energetica degli animali.
Neppure la richiesta dell’Istituto di protezione ambientale di chiudere la caccia al 20 gennaio per anatre ed altri uccelli acquatici è stata accolta, per cui sono messe a rischio migliaia di uccelli migratori: studi scientifici dimostrano che, in inverno in genere e ancor più in periodi così rigidi, gli animali selvatici sono estremamente deboli e, dovendo spendere le poche energie residue per nutrirsi, difficilmente riescono a trovare anche la forza per fuggire dai cacciatori. A tutto questo, in Sicilia si aggiunge anche un deficit di controlli, ormai rarissimi e – quindi – inefficaci, per la prevenzione e la deterrenza rispetto agli illeciti venatori.
Il WWF, infine, ricorda come l’impatto della caccia sulla fauna continua ad avere un ruolo chiave nel determinare il peggioramento dello stato di conservazione di molte specie di uccelli in tutta la Regione. La Sicilia, inoltre, rappresenta una tappa obbligata per migliaia di uccelli nei loro viaggi migratori in primavera ed in autunno, nonché area di svernamento per molte specie, anche rare e protette. Ogni giorno di caccia in questa fase climatica ed ecologica così critica, pertanto, comporta un impatto gravissimo sulla fauna selvatica.
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