Dalla parte di Abele, dalla parte della polizia penitenziaria. Il sottosegretario Andrea Del Mastro Delle Vedove non si sottrae al confronto e spiega ha fatto e cosa intenda fare il governo nazionale di fronte alla crisi di sovraffollamento del sistema carcerario in Sicilia e in Italia. In Sicilia per partecipare alle cerimonie per il 43mo anniversario della morte del vicebrigadiere Antonino Burrafato, il sottosegretario fa il punto sull’alert lanciato dal Sindacato di polizia penitenziaria.
Nei giorni scorsi il Sap aveva diffuso un report sulla pessima situazione nelle carceri siciliane. Il dato più grave riguarda il sovraffollamento. Complessivamente – secondo il Sap – nei 23 istituti penitenziari dell’isola i detenuti sono 7063 con le situazioni più gravi nel carcere Pagliarelli di Palermo (1394 detenuti su una capienza di 1165), Catania-Piazza Lanza (449 su 279), Siracusa con quasi 700 detenuti mentre la capienza massima è 545 e infine Gela dove i reclusi sono il doppio rispetto a quanti potrebbero stare nell’istituto. Un altro dato allarmante è che il ritrovamento di telefonini in mano ai carcerati è sestuplicato: servirebbero molti più agenti per fare i controlli e impedire le comunicazioni illecite con l’esterno. “Si colgono evidenti segnali di tensione tra gli oltre 7 mila detenuti in Sicilia, con casi di rivolta o focolai di rivolta, agenti aggrediti, tentativi di evasione – afferma il segretario generale Spp Aldo Di Giacomo – le carceri siciliane sono in subbuglio, la tensione è alle stelle”. “Da tempo – conclude Di Giacomo – si lamenta la carenza di un adeguato numero di agenti di polizia penitenziaria che possa limitare anche la diffusa introduzione di telefoni cellulari nelle celle, strumenti utilizzati dai mafiosi per continuare a gestire i propri affari”.
Del Mastro, “Carenze organico colpa di chi ci ha preceduto”
Ecco come risponde Andrea Del Mastro Delle Vedove, sottosegretario di Stato alla Giustizia: “Abbiamo finanziato, in questi due anni e mezzi, già assunzioni per 10250 allievi agenti di polizia penitenziaria. Se tutti i miei predecessori avessero fatto lo stesso oggi ci troveremmo in una situazione opposta e non certo con la carenza di organico. E’ vero, in alcune situazioni ci sono criticità, la strada non sono i provvedimenti svuota carceri ma investimenti per l’edilizia carceraria abbiamo affidato al Commissario straordinario – già nominato ed operativo – più di 255 milioni di euro, con questa somma verranno realizzati 7000 dei diecimila posti mancanti.
Del Mastro, “No a svuota carceri”
In coincidenza con la diffusione del report del sindacato di polizia penitenziaria sulla criticità del sistema carceri in Sicilia, il sottosegretario Del Mastro era in visita in Sicilia proprio per onorare la memoria di un caduto di quella forza di polizia, il vice brigadiere Antonino Burrafato, ucciso dalla mafia il 29 luglio 1982
Del Mastro ha precisato che per contrastare la serpe mafiosa è necessario “mantenere l’ergastolo ostativo e il carcere duro”. Ricordando il vicebrigadiere, il sottosegretario. La cerimonia in memoria di Burrafato è stato organizzata da Totò Burrafato, figlio del vicebrigadiere ucciso dalla mafia. Alla cerimonia era presente anche il senatore Raoul Russo, componente della Commissione nazionale Antimafia. A promuovere e custodire con forza la memoria del maresciallo Burrafato è da sempre il figlio, Totò Burrafato, già sindaco della città: “Non posso accettare che l’oblio uccida ancora una volta mio padre. Era un uomo perbene, un servitore dello Stato, e la sua unica colpa è stata quella di far rispettare la legge con coerenza, senza paura. La memoria non è solo un dovere familiare: è un atto di giustizia civile.” Durante l’evento è stato presentato il progetto multimediale www.antoninoburrafato.it, una piattaforma digitale pensata per raccontare la storia di Antonino Burrafato con strumenti innovativi e accessibili, rivolti soprattutto alle nuove generazioni.
“Consegno la storia di mio padre ai giovani”
“Oggi – ha detto Totò Burrafato – è giunto il momento di consegnare la storia di mio padre alla società civile e ai giovani, che sono la nostra speranza. Di quella vicenda sappiamo tutto: chi lo ha voluto morto, chi lo ha ucciso, perché. Ma ciò che conta oggi è il messaggio che quella storia può ancora trasmettere. La memoria deve vivere, non restare chiusa nei libri.”
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