È comparso in questi giorni sui tre quotidiani siciliani, il Giornale di Sicilia, La Sicilia e la Gazzetta del Sud, un comunicato sindacale firmato, per la prima volta a memoria, dai comitati di redazione di tutti e tre i giornali dell’Isola.

Per la prima volta insieme

I tre comitati di redazione, in due colonne, riconoscono0 alla Regione Siciliana l’importanza dei contributi rilasciati all’editoria in tempi di Pandemia, rivendicano di aver tenuto la testa alta e di non aver smesso di tenere informati i lettori e fin qui lo fanno a nome della stampa ‘tutta’. Lo fanno, in realtà, arrogandosi il diritto di parlare a nome di tutta la stampa ma alla fine non escludono nessuno.

L’unità solo per i privilegi

Ma questa improvvisa unità d’intenti fra i comitati di redazione dei tre giornali dell’Isola che negli anni si sono sempre scontrati, nasconde qualcosa. Basta andare avanti di poche righe per scoprire cosa. Ai giornali di carta che hanno fatto la parte del leone nella distribuzione dei contributi assorbendo la stragrande maggioranza delle risorse economiche disponibili, quella stragrande maggioranza non basta più. Non è sufficiente avere mangiato il più della torta: la vogliono tutta.

Sorprende, innanzitutto, che siano i comitati di redazione a parlare, anzi a scrivere, ovvero gli organismi sindacali di base dei giornalisti. Insomma non gli editori dai quali ci si può aspettare la rivendicazione di una primogenitura, la richiesta di fondi al pubblico e così via. Cosa che, invece, non ti aspetti dai giornalisti e soprattutto dai sindacalisti dei giornali che dovrebbero difendere i colleghi. Insomma non ti aspetti una ‘guerra‘ fra giornalisti qual è quella che lancia questo assurdo (lasciatecelo dire da giornalisti a giornalisti) comunicato.

In questo caso lo fanno difendendo gli editori (gli editori!) e chiedendo risorse. Forse sperando che quelle risorse servano a evitare licenziamenti, solidarietà, prepensionamenti e ristrutturazioni aziendali.

La mistificazione a danno degli altri

Ma tutto questo lo fanno parlando di notizie certificate, di informazione professionalizzata e così via. Facendolo, di fatto, offendono, non senza accorgersene, tutto il restante mondo dell’informazione. Quella che ha veramente tenuto botta lavorando 16 ore al giorno perché l’online non chiude mai. Quella che lo ha fatto non per privilegi ma perché era necessario era giusto; era doveroso informare la gente. Perché mentre si diffondeva il panico bisognava dare punti di riferimento, riportare chiarezza nel mare del social media che creavano (e creano) confusione e disinformazione alimentando paure. Lo ha fatto perché questo mestiere non è solo un mestiere ma è una missione (con buona pace di chi lo considera uno strumento di potere e basta) e in momenti come questo lo ricordano tutti: anche quelli che lo avevano dimenticato.

La Regione ha fatto la sua parte

La Regione, rendendosi conto, ha fatto la sua parte. Nulla di dovuto, sia chiaro, ma una giusta e lungimirante attenzione al settore in difficoltà e così essenziale. E lo ha fatto con contributi straordinari.

Ma quando la torta è stata divisa sono ricomparsi vecchi vezzi e si è riservato alla carta stampata una fetta enormemente più grossa. E i giornali online? Hanno scelto di non protestare per la sperequazione in loro danno. Sapete perché? Perché i giornalisti sono coscienti che la carta stampata è ‘alla canna del gas‘, e sono altrettanto coscienti che la chiusura di uno spazio di informazione qualsiasi è una sconfitta per la democrazia e per l’occupazione. Cose delle quali scrivono ogni giorno.

Allora, pur soffrendo le stesse restrizioni economiche di qualsiasi altra azienda del settore, non si sono lamentati ed hanno lasciato che la fetta più grossa andasse a chi aveva più bisogno. Raccogliendo contributi enormemente più bassi e soprattutto lasciando valutare i propri lettori in media un quinto o anche di più dei lettori della carta.

Ma questa volta No! Oltre il danno anche la beffa no!

La scusa delle fake news

Per chiedere di avere tutto per se la carta stampa si erga, adesso, a paladina dell’informazione additando tutti gli altri come creatori di fake news, produttori non professionalizzati di notizie non verificate oppure operatori in nero, pagati mai il giusto (questo è vero per quasi tutti i giornalisti italiani). Da che pulpito!

Succede poi che da una importante istituzione parta, per mero errore, una copia di una mail risalente a mesi addietro. I giornali on line (questi infingardi!) si chiedono cosa sia successo e risalgono all’errore dunque non pubblicano. Un giornale di carta, invece, scrive quattro colonne sia pure di taglio basso senza curarsi che la notizia risalga allo scorso giugno. Capita!

Dimenticano i colleghi sindacalisti della carta stampata che le notizie certificate che sbandierano sono state, in larga parte, riprese (sì riprese, in modo singolare spesso pedissequamente) dai giornali online. Riprese a volte anche interamente compresi eventuali refusi riportati anche quelli sul giornale di domani. Riprese senza citare la fonte (perché tanto lo sapevo anche io solo che esco dopo). Questo lo dimenticano e lo negano.

I giornali online, invece, quando riprendono notizie dalla ‘carta stampata’ citano sempre la fonte. Attribuiscono il merito a chi per primo ha reso pubblica la notizia. È giusto così. Si fa così. E guai se per caso una volta capita che qualcuno dimentichi la citazione. Puntuale arriva la telefonata salvo poi magari accorgersi che la citazione c’era, solo non avevano avuto la pazienza di leggerlo quell’articolo.

Ma questo è. E nonostante tutto i giornali online (i giornali online, di quelli parliamo. Non confondiamoli con siti e sitarelli che giornali non sono) non smetteranno di farlo quando capita che un giornale abbia una notizia che ieri non avevano. Ma la carta stampata no, quei giornalisti di serie A sono esentati e ‘certificati’.

Dimenticano, poi, ben altro. Loro giornali professionalizzati non ricordano affatto dei pezzi pagati a 3 euro lordi ai collaboratori? Lo hanno dimenticato e continueranno a dimenticarlo anche domani. E dei colleghi precari ai quali qualche esponente sindacale interno ha avuto l’ardire di rispondere dopo anni “non puoi considerarti neanche un precario”? Questo non sarà mai successo.

Parlano di diffusione nel territorio

Terzo tentativo non riuscito di attribuirsi un merito è il riferimento alla distribuzione nel territorio. Bene! Usiamolo questo criterio. Mettiamo a confronto il numero di lettori. Raccogliamo numeri certificati di copie e numeri certificati di letture dei giornali online. I numeri ci sono e sono inequivocabili (e certificati). Nella migliore delle ipotesi quei numeri parlano di un rapporto di uno a 5  a vantaggio dell’on line.

La carta stampata ormai finisce solo nelle mazzette degli enti pubblici. Da quanti anni ormai non si vede più un giornale di carta in mano al palermitano medio in spiaggia sulla sdraio?

Ci sono poi i dati di Prima Comunicazione. I dati Ads sulla distribuzione dei giornali. Nel mese di giugno non c’era un solo siciliano fra i primi venti. Uno solo.

La pubblicità istituzionale

E poi non ci sono solo i contributi. C’è anche la pubblicità. La Regione continua a pagarla alla carta stampa 5 o 6 volte il suo valore reale e lasciare le briciole agli altri. Fino ad ora abbiamo tollerato anche perché molti di noi sono cresciuti fra le colonne dei vostri ‘gloriosi’ giornali. Ma i tempi di gloria sono finiti quindi non sparate su chi continua a tenere l’informazione viva anche per voi. O qualcuno anche alla Regione e nel pubblico in generale si accorgerà che non conviene spendere soldi nella carta stampata che ormai non rende più.

Basta con i privilegi

Allora è arrivato il momento di dire basta. Basta con i privilegi. Contributi e pubblicità siano dati ai giornali in funzione del loro reale peso specifico, del pubblico che servono, delle professionalità che impegnano (realmente non sulla carta…). Basta con la serie A di antica memoria o si rischia di far scoppiare una guerra mediatica che non serve a nessuno.

Alla Regione, al mondo del pubblico basti ricordare che se per caso qualcuno si svegliasse e andasse a guardare i dati reali le sproporzioni esistenti rischierebbero già di essere un danno erariale, figurarsi dar vita a riserve indiane o sproporzioni ulteriori.

Questa guerra è sbagliata. I giornali online non la vogliono come non la vogliono le tv o le radio. È il caso di evitare che scoppi. Ma se proprio deve scoppiare allora cambiamo terreno, questa partita giochiamola sul mercato invece che nelle ‘riservate stanze’ del potere anche perché la politica è sì rimasta indietro ma comincia a rendersi conto che il terreno di gioco è cambiato.

 

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