Castelbuono, suggestivo paese madonita, si candida a diventare la patria del tartufo. Sotto terra, accanto alle radici di querce e lecci, se ne trovano infatti grandi quantità che gli chef locali stanno iniziando ad utilizzare sempre più frequentemente per i loro piatti.
La richiesta adesso è in costante crescita, e potrebbe rappresentare una svolta per l’economia del piccolo centro.
Emblematica è la storia di Francesco Albergamo, riportata dal Giornale di Sicilia. Il ragazzo, che da Cascino si è trasferito a Castelbuono, ha ‘incontrato’ casualmente i tartufi sulla propria strada.
“Quando ho trovato il mio primo scorzone – racconta – non sapevo nulla di tartufi. Stavo facendo una buca nel giardino di casa della mia fidanzata a Castelbuono e l’ ho scoperto per caso. Sotto lo strato superficiale di foglie, ne abbiamo raccolti tre chili e mezzo e non sapevamo che farci perché qui non li conosceva nessuno. Allora ci siamo rivolti a Peppino Carollo, ristoratore della zona che da tempo li utilizza nella sua cucina e lui ci ha spiegato cosa fossero e cosa farne”.
Francesco, da appassionato di pesca e funghi, ha iniziato a studiare i tartufi e a cavarli insieme al cane Magda, appositamente addestrato, e si è attrezzato di tesserino di idoneità per la raccolta.
A condividere la stessa passione di Francesco è Marilena Castiglia, biologa che al tartufo ha dedicato la sua tesi di laurea e che oggi, anche lei con cane al seguito come la legge impone, va a cavare tartufi almeno tre volte a settimana.
“Al momento è un hobby che condivido con mio marito – dice ancora al Giornale di Sicilia – ma mi piacerebbe che diventasse un lavoro. Ciò che è importante, però, è tutelare il nostro prodotto. La notizia che sulle Madonie ci siano buoni tartufi ormai si sta diffondendo e ci sono persone senza scrupoli che spacciano per madonita ciò che non lo è”.
I cavatori di tartufi di Castelbuono devono però confrontarsi con un altro problema, ovvero la presenza di maiali selvatici e cinghiali che devastano intere tartufaie. I cavatori chiedono quindi maggiori tutele da parte della Regione, ed interventi che possano regolamentare l’attività di chi ha saputo trasformare una passione in un lavoro vero e proprio.
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