Tre giorni dedicati ai festeggiamenti in onore della patrona di Catania, come  già accennato qui, a partire da oggi, 3 febbraio, fino al 5, che vedranno la città impegnata a rendere omaggio all’amata Sant’Agata, simbolo di donna forte e risoluta che, nonostante la giovane età, pare fosse appena adolescente all’epoca del martirio, ha creduto nei propri ideali e, pur di tenervi fede, è stata pronta a sacrificare la propria vita.

Celebrata il 5 febbraio, Sant’Agata è la protettrice dei fonditori di campane che venivano suonate quando si verificavano gravi avvenimenti durante i quali la santa veniva invocata, dei tessitori poiché, secondo la leggenda, Agata, quasi una Penelope cristiana, avrebbe convinto un uomo insopportabile che voleva prenderla in matrimonio ad aspettare che venisse conclusa una tela che stava realizzando, tessendola di giorno e scucendola di notte, dei vigili del fuoco, poiché in epoca medievale veniva invocata per la protezione dagli incendi e delle donne colpite da malattie al seno poiché ella venne uccisa dopo aver subìto l’amputazione delle mammelle.
Sebbene il suo martirio risalga al 251, Agata rappresenta un esempio attualissimo che devono seguire tutti coloro che non sono disposti a cedere ai compromessi e che credono talmente nei propri ideali da essere disposti a tutto pur di essere coerenti con essi. Agata era una bella fanciulla di origini aristocratiche nata a Catania intorno al 235. All’età di 15 dopo aver ricevuto dal vescovo, su sua richiesta, il velo rosso che portavano le vergini in segno della propria devozione a Dio, fu convocata dal console Quinziano che, invaghitosi di lei, cercò di irretirla. L’uomo dissoluto provò a farla cedere con ogni mezzo in suo possesso. Non ottenendo successo si adirò e la fece rinchiudere in carcere, priva di cibo e acqua. La sottopose ad indicibili torture fino ad ordinare, l’ultima, efferata scelleratezza dell’amputazione delle mammelle, in seguito alla quale la giovane ed irremovibile donna, perse la vita. Il corpo massacrato di Agata fu raccolto con devozione dai cristiani e deposto in un sarcofago di pietra a Catania che rappresenta, fino ai nostri giorni, il luogo di culto della santa. E’ a al coraggio di questa giovane donna che da allora, ogni anno, il 3, 4 e 5 febbraio, il capoluogo etneo dedica una festa straordinaria nella sua solennità, che attira sino a un milione di persone al punto da essere annoverata tra le feste religiose più sentite al mondo. Per la città dell’elefante si tratta, infatti, di un evento atteso da tutto l’anno in occasione del quale le strade del centro storico si riempiono di visitatori provenienti da ogni parte del mondo che per assistere  ad un ricco calendario di eventi di cui   potete consultare il  programma qui.
Poiché in Sicilia, com’è noto, “Santo ca veni festa ca fai”, non esiste ricorrenza religiosa che non sia legata ad un aspetto gastronomico. In questo caso a Catania si preparano in onore della santa le “olivette” e le “minnuzze” . Nel primo caso si tratta di piccoli dolcetti di marzapane che, nella forma, sono simile  alle olive, in ricordo dell’ulivo sotto il quale Agata si riposò,  che fiorì in suo onore, nel caso delle “minne“, termine che, in dialetto siciliano, vuol dire mammelle, il riferimento, ovviamente, è legato all’atroce martirio subito dalla giovane Agata, che le costò la vita.
Si tratta di dolci a forma di piccoli seni il cui involucro è costituito da una fragrante pasta frolla e il ripieno di ricotta, ricoperti da una candida glassa di zucchero al cui apice svetta una “impudica” ciliegina rossa.
Per la ricetta e altre curiosità potete cliccare qui 

 

 

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