C’era una volta una Sicilia governata da un Presidente nuovo e innovativo che faceva le riforme prima degli altri. C’era una volta l’abolizione delle Province fatta in fretta e furia a Palermo mentre a Roma se ne discuteva.
Oggi quella riforma delle Province non c’è più. O meglio non è mai stata applicata e probabilmente mai lo sarà. La gattina frettolosa, infatti, ha dato vita al proverbiale gattino cieco e la riforma non decolla. Nel frattempo è arrivata la legge nazionale, la Riforma Delrio, meno frettoloso ma altrettanto cieca, e da Roma al considerano ‘grande riforma’ e dunque applicabile in Sicilia.
Dopo quattro o cinque impugnative (il conto lo abbiamo perso) la Sicilia ha fatto una specie di norma fotocopia ma che resta inapplicata e difficilmente applicabile. ora arriva la resa definitiva contenuta nelle parole del Presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone che si limita a prendere atto della situazione e a lanciare una idea per uscire da una impasse che non ha certo creato lui ma una maggioranza pasticciona che ha seguito un governo frettoloso e distratto
“Per uscire dall’ingorgo istituzionale dopo l’esito referendario sulle Province, l’Ars faccia una legge-voto per modificare la legge Delrio – ha detto il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone intervenendo a Ragusa alla cerimonia protocollare sui 90 anni della Provincia – parta, dunque, una riflessione sul ruolo da dare alle ex Province. Ripartiamo dalle legge 9 discutendo principalmente di funzioni e competenze”.
Dunque la Sicilia non è stata capace di fare una legge applicabile e ora si arrende al nuovo corso anti autonomista. Non farà una riforma perché c’è la Delrio che la supera in competenza. Allora prova a riprendere in mano il pallino almeno con una propria proposta. i perché questo è una legge voto: poco più di una proposta.
L’Ars potrebbe fare la sua legge di riforma e proporla a Roma perchè la approvi. Potrebbero nascere così le nuove Province e l’idea siciliana potrebbe perfino essere apripista per la riforma italiana. Quale sia l’idea siciliana è ancora da vedere.
Resta il fatto che la stagione delle riforme è tramontata finendo in un rovinoso e fragoroso fallimento. Intanto migliaia di dipendenti restano a guardare con stipendi in ritardo, altri precari temono per il lavoro, i servizi ai cittadini latitano e non si sa chi ne sia responsabile e così via.
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