Confiscato il patrimonio di 17 milioni a Vincenzo Gammicchia, 74 anni, considerato il “re” degli pneumatici di Palermo. I finanzieri del Gico del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo hanno posto i sigilli alle cinque rivendite di Gammicchia che hanno continuato a lavorare in questi anni dopo il sequestro del 2019 e del 2020 con un amministratore giudiziario.

I beni sottoposti a confisca

La confisca è scattata a due società a Palermo, un consorzio sempre nel capoluogo siciliano, 28 immobili, tra appartamenti e magazzini, tra cui una villa con piscina a Isola delle Femmine, 32 rapporti bancari, 8 polizze vita, e una cassetta di sicurezza contenente preziosi e orologi di pregio, 9 tra autoveicoli e motoveicoli.

Le indagini

Le indagini della sezione misure di prevenzione del Gico, sono state coordinate dalla Dda e sono ripartite dalle recenti dichiarazioni di Vito Galatolo, il rampollo del boss dell’Acquasanta e Angelo Fontana. Oltre agli investimenti iniziali i collaboratori di giustizia hanno rivelato che in officina di Gammicchia si sarebbero tenuti anche summit di Cosa nostra.

La storia secondo l’accusa

Qualche anno dopo, l’imprenditore avrebbe invece chiesto ai boss dell’Acquasanta un favore molto particolare. Avrebbe temuto per l’apertura di un concorrente e fu recapitata al commerciante una testa d’agnello. Nel 2015, fu invece Gammicchia a denunciare un’intimidazione del racket. Ma l’incendio non era finalizzato a chiedere il pizzo, l’imprenditore palermitano non l’ha mai pagato, quell’incendio era una punizione, Gammicchia si era permesso di comprare all’asta il bene di un mafioso.

Gli accertamenti

“Sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria – dicono i finanzieri – è stato ritenuto che l’imprenditore, formalmente incensurato, seppure non organicamente inserito  nell’organizzazione criminale, sia da ritenersi “colluso” al sodalizio mafioso, fin dall’inizio della sua avventura imprenditoriale avviata negli anni ’70, sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra, in particolare le famiglie mafiose operanti nei quartieri Acquasanta e Arenella”.

“Si tratta di un passaggio fondamentale verso la definita acquisizione al patrimonio dello Stato, per la restituzione alla collettività tutta, di un vasto patrimonio riconducibile a società che hanno rappresentato nel tempo l’interfaccia economica di Cosa Nostra – dice il colonnello Gianluca Angelini, il comandante del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo – La mafia può essere sconfitta solo colpendola al cuore dei propri interessi economico –finanziari, nell’ambito dei quali un ruolo cruciale è proprio quello rivestito dagli imprenditori collusi, che dal rapporto illecito di reciproco interesse con la mafia ricavano la forza per affermarsi sul mercato alterando le regole della sana e leale concorrenza. L’attenzione investigativa della Guardia di Finanza continuerà, come sempre, ad essere altissima per individuare ricchezze e patrimoni illecitamente accumulati, che devono essere confiscati e restituiti alla collettività: è un dovere nei confronti dei cittadini e degli imprenditori onesti, per proteggere e tutelare il tessuto economico sano del nostro territorio”.

 

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