Sara’ stato il sospiro di sollievo o una genuina soddisfazione per il voto del consiglio comunale sulla convenzione per l’affidamento dello stadio Barbera da proporre al Palermo per la firma, fatto sta che l’ex vicepresidente del club e socio di minoranza di Hera Hora, Tony Di Piazza aveva commentato su Facebook con un “Finalmente si torna al Barbera”.

Inopportuno, forse, quel post e i tifosi rosanero suoi follower glielo devono aver fatto notare a suon di commenti, tanto che l’immobiliarista italoamericano lo ha rimosso. O quelli o, chissà, qualcuno che saggiamente gli avra’ fatto notare che quel documento non e’ proprio un buon affare per il Palermo e l’esultanza era prematura e fuori luogo. Perche’ non e’ affatto scontato che il club sottoscriva quell’accordo, nonostante il poco tempo a disposizione, prima di inviare in lega la documentazione per l’iscrizione con l’indicazione di un impianto per le gare interne. Sono diversi i punti della convenzione che non collimano con gli interessi della societa’ e, scorrendo i social, sono tanti pure i commenti dei tifosi che, sulla base delle notizie circolate, invitano la dirigenza a non firmare. A costo di andare a giocare altrove.
A Di Piazza queste notizie, queste valutazioni, queste reazioni, probabilmente non erano arrivate, quando ha scritto quel suo “finalmente” e, quando se n’e’ reso conto, ha cancellato il post.
Non e’ la prima volta che lo spirito focoso e interventista, da tifoso vero e passionale, porta Di Piazza a esporsi troppo sui social. Pero’, una riflessione va fatta, sul modo di comunicare dello “zio Tony” e, soprattutto, sullo scambio di informazioni in seno al club rosanero. Perche’ su vicende del genere, che coinvolgono la societa’ e i suoi interessi, la comunicazione dovrebbe essere univoca e concordata; quanto meno, consapevole. La sovraesposizione social del socio di minoranza era stata uno dei punti caldi del confronto in assemblea dei soci di Hera Hora di un mese fa e Di Piazza aveva centellinato i suoi post. Ora questo commento, col dubbio che conosca il contenuto della convenzione o che qualcuno gliel’abbia fatta arrivare e che, soprattutto, conosca la linea della societa’ sulla questione. Gli Usa sono lontani, ma non abbastanza da prendere un telefono e chiedere “ma com’e’ questa convenzione?”. E qualcuno, nella societa’, da Palermo, non poteva suggerire cautela a zio Tony, ammesso che ne abbia avuto il tempo e non sia stato preso in contropiede, spiazzato da quel post. Evidentemente, pure dopo le interviste dei giorni scorsi di Di Piazza con il Giornale di Sicilia e di Mirri con la Gazzetta dello sport, come si dice a Palermo, i telefoni sono ancora rotti, sulla linea per gli Stati Uniti e cosi’ ognuno comunica per i fatti suoi. Salvo, poi, cancellare tutto.
Ma, se i post sui social si possono eliminare, ancorche’ ne resta comunque traccia, e’ piu’ complicato cancellare la realta’ di una societa’ spaccata, non soltanto per ragioni geografiche, e dove le informazioni non circolano come dovrebbero

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