La corte costituzionale dichiara illegittima la norma del ricorso al presidente della Regione Siciliana che consentiva al capo del governo regionale di discostarsi dal parere del consiglio di giustizia amministrativa.

La decisione della Consulta è stata presa su un ricorso di una donna agrigentina di 56 anni che nel 2000 aveva preso parte al concorso pubblico per 70 posti a dirigente tecnico archeologo. Il bando prevedeva, per i vincitori, il trattamento economico corrispondente all’ottavo livello retributivo.

Nel 2004, la donna risultata vincitrice, veniva nominata quale funzionario di categoria D, con applicazione del trattamento economico corrispondente, però, al settimo livello retributivo, in quanto, a dire dell’amministrazione,  i vincitori del suddetto concorso non avrebbero potuto essere inquadrati nella terza fascia dirigenziale prevista della legge regionale 10/2000, perché entrata in vigore successivamente all’indizione della procedura concorsuale. Nel 2005 la donna impugnava con ricorso straordinario al presidente della Regione il procedimento di nomina.

Il Cga nel 2007 con parere accoglieva le tesi della candidata dicendo “non poteva che essere proprio quello di dirigente di terza fascia”. Nel 2011 il presidente della regione nonostante il parere del Cga respingeva il ricorso. A questo punto l’aspirante dirigente assistita dagli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino si rivolgeva ai giudici amministrativi per chiedere l’annullamento del provvedimento del presidente.

Il Cga ha sospeso il giudizio in attesa della decisione della Corte Costituzionale che adesso è arrivata. Per effetto della sentenza, dopo 23 anni dal concorso la donna avrà finalmente riconosciuto il suo ruolo da dirigente. Con la dichiarazione di incostituzionalità, la norma che sin qui ha consentito al Presidente della Regione di discostarsi dal parere del Cga non deve trovare più alcuna applicazione.