“L’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori nasce da un’intuizione di Antonio Manganelli che 11 anni fa ci pose il problema di diffondere una cultura della non discriminazione e una cultura del non odiare.

L’elemento straordinario fu che questa intuizione la ebbe un capo della polizia e volle realizzare questo organismo di monitoraggio, formazione e promozione del tema della non discriminazione, condividendo questa iniziativa tra polizia e arma dei carabinieri.

L’anno scorso abbiamo avuto un importante riconoscimento il premio Cidu per i diritti umani da parte di questo comitato interministeriale che lo ha riconosciuto come primo premio insieme alla sanità”.

Lo ha detto il vice capo della polizia di Stato Vittorio Rizzi  a margine della conferenza che si sta tenendo a Palermo al Teatro Massimo dal titolo “Le vittime dell’odio”.  “I crimini dell’odio si basano su una discriminazione – ha aggiunto Rizzi – Il nostro ordinamento ne prevede solo 4. Sono la discriminazione etnica, nazionale, razziale e religiosa. L’obiettivo è  quello di affrontare l’odio come categoria criminologica dalla prospettiva degli operatori della sicurezza.

A testimonianza di quanto spesso il concetto sia divisivo, non esiste una definizione giuridica dei crimini d’odio, pur trattandosi di reati fortemente connotati dal pregiudizio per una caratteristica della vittima che attiene a un aspetto profondo della sua identità e di quella del gruppo cui appartiene”. Sono fenomeni su cui serve una preparazione specifica.

“Reati, vedremo, che si distinguono per la plurioffensività, il cosiddetto under-reporting, under-recording e per il rischio di escalation – aggiunge Rizzi – Materia che richiede una formazione mirata degli operatori e che rappresenta il cuore della missione istituzionale dell’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), best practice italiana, originale nel panorama internazionale, per ottimizzare l’azione delle forze di polizia a competenza generale nella prevenzione e nel contrasto dei reati di matrice discriminatoria. La sfida perché tolleranza ed inclusione diventino aspetti fondanti della nostra società è ancor più complessa se è vero che alle minacce del mondo reale si affiancano oggi i pericoli dell’odio on line.

L’antidoto più potente non può essere allora che la cultura per combattere l’ignoranza di chi ha paura del diverso, di chi si chiude negli stereotipi e non sa guardare oltre. E le forze di polizia giocano un ruolo centrale nel bloccare ogni forma di intolleranza prima che degeneri in sofferenza, distruzione e morte con crimini che hanno già infamato la storia dell’umanità. Niente può essere sottovalutato, la mente deve essere sempre attenta e lucida perché “il sonno della ragione genera mostri. Sono temi molto delicati. Incontri come questo servono per diffondere e sviluppare una cultura dell’integrazione contro le discriminazioni”.