Fenomenologia di due sconfitte che promettono successo

De Luca e Ferrandelli, i gemelli diversi ed eretici di una Sicilia che non corre in soccorso del vincitore

La politica non è una scienza perfetta. Il mondo è cambiato. Anche in terra di Sicilia accade così: soltanto apparentemente nulla cambia e tutto si riperpetua in cicli infiniti, con i “potentati” che alla fine riescono sempre a far sentire il loro peso. E questo si registra a prescindere che a vincere sia la destra o la sinistra. Ormai, ad ogni tornata elettorale, per concludere e completare le analisi del voto si deve tenere presente una nuova costante. Una variabile impazzita, si potrebbe dire. Quasi a testimoniare che viviamo immersi in quella società “liquida” immaginata e descritta da Zygmunt Bauman. Un fattore, dunque, che al di là del bilancino del chi ha vinto e chi ha perso, e oltre gli equilibrismi necessari per compensare le vittorie con adeguati numeri di poltrone e predellini, non possiamo non considerare. E’ un piccolo scrigno di libertà, o forse di lucida follia, che i manovratori del potere reale tendono a liquidare come causa marginale della presenza di guitti o parvenu della politica. Come se le regole del gioco elettorale fossero scolpite nella pietra, impedendo alzate d’ingegno o fuori programma.  Non è così.

Fenomenologia di De Luca

Servirà tempo e pazienza per capire il fenomeno De Luca. Arriva da lontano, da un piccolo paese di cui nessuno sa nulla se non che sia stato amministrato da Cateno. Hai voglia a far di conto. Raggranellare – come grani di un rosario infinito – mezzo milioni di voti è un piccolo miracolo politico, soprattutto se contro hai schierato un esercito di apparatick, padroni indiscussi della macchina regionale e dei suoi ineffabili segreti. Per una volta, proviamo ad andare oltre le categorie dell’etica, per cercare di capire di cosa si nutra il fenomeno De Luca e del perchè, almeno a nostro avviso, non sia esattamente una novazione.

Era già accaduto con Silvio Milazzo

Agli appassionati della storia sicula, potrebbe tornare in mente Silvio Milazzo col suo governo eretico di fascio comunisti e democristiani “estremisti”. Ma lì, in quello specifico caso, i bastioni del potere vennero scardinati. In nome di un sicilianismo che alla fine si mostrò una fastidiosa acne giovanile. Altri tempi, altri modi, altre regole d’ingaggio.

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A più recente memoria, invece, si deve e si può attingere per comprendere come il fenomeno – dal punto di vista metodologico, sia chiaro-chiamato De Luca stia diventando una costante. Basta un balzo all’indietro di qualche mese per rileggere le tabule sacre delle amministrative di Palermo. Quelle che hanno portato all’intronizzazione di Roberto Lagalla. Il riferimento – ma chi mastica politica l’ha già ben compreso – è a Fabrizio Ferrandelli. Esponente della scapigliatura politica in salsa palermitana, pur restando distante dal podio di Palazzo delle Aquile, è stato l’ansia e il fastidio dei “potentati”. Anche in quel frangente, l’eretico raccolse una messe di voti inaspettata.

Ferrandelli e De Luca, cosa hanno in comune?

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Cosa hanno in comune De Luca e Ferrandelli? Sul piano politico, probabilmente nulla. Sul fronte dei programmi sono due universi distanziati da spazi siderali. Entrambi provengono dalla “storia ufficiale” della partitocrazia. Quella storia, con rispettive tessere di partito, l’hanno strappata in piazza per correre al fianco della gente che non ne può più: leggere alla voce astensionismo.

Hanno l’imprinting degli eterni secondi? Chissà, ad oggi la cronaca dice questo e noi a questo dobbiamo attenerci. Eppure in passato, i due gemelli diversi hanno raccolto vittorie e oneri. La bilancia pende a favore di De Luca, che alla carica di Sindaco c’è arrivato per ben tre volte, in tre comuni diversi. Ma una cosa è certa. Sia De Luca, sia Ferrandelli, eretici per passione e per destino, hanno una dote unica: rotolano sulla gente e dalla gente sono accolti, sono simpatici e si fanno ascoltare. Magari, un giorno, li vedremo dall’altra parte della barricata, quando i siciliani sconfiggeranno l’antico vezzo di correre in soccorso del vincitore. E chissà cosa sarebbe potuto accadere, all’esito delle urne, se i due eretici avessero provato a trovare un accordo.

 

 

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