“Siamo di fronte ad una vera e propria operazione antimafia perché andiamo a beccare quel sottobosco, che attraverso varie effervescenze, che alimenta le famiglie dello Zen. I Maranzano sono noti. Loro speravano in una completa omertà da parte delle vittime che, in effetti, abbiamo all’inizio registrato. Ma c’è anche la testimonianza di una donna coraggiosa che ci ha fornito indicazioni preziosi”. Lo ha detto il capo della Squadra Mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti, illustrando i dettagli del blitz allo Zen per eseguire il fermo di 4 persone accusate di tentato omicidio aggravato da modalità mafiose.

A fornire dettagli “preziosi” agli investigatori – coordinati anche sul campo dai magistrati della DDA di Palermo – è una donna, la moglie di Giuseppe Colombo che, con coraggio, ha spezzato la catena di omertà e ora è sottoposta a una forma di tutela.

“Ma le prime dichiarazioni sono arricchite – aggiunge Ruperti – da un’altra testimonianza che ci hanno consentito di eseguire il fermo emesso dalla Procura”. La ricostruzione dei fatti di quella mattinata viene fornita dal capo della Squadra Mobile. I Colombo si trovano in bar dello Zen 1 quando arrivano Pietro e Letterio Maranzano e altri tra cui Nicolò Cefali. Mentre i Colombo vanno via uno di loro da una pacca a Cefali. “E’ questo gesto apparentemente innocuo alimenta – spiega Ruperti – la tensione nel bar, immortalata dalle videocamere”.

Subito dopo i fatti si sviluppano allo Zen 2. Un primo contatto tra i Colombo e Nicolò Cefali che piomba sui due li aggredisce e poi si allontana.

Seguono vari tentativi di accordo ma le condizioni per i Colombo sono inaccettabili perché, di fatto, i Maranzano pretendono o “una lezione severa” per i Colombo oppure che gli stessi lascino lo Zen. Giuseppe Colombo non ha il tempo di avvertire i figli.

“Ritornato in via Patti per incontrare i figli non ha il tempo di allertarli che sul posto giungono numerose macchine e moto e poco dopo inizia la pioggia di fuoco. A sparare numerose persone e almeno 3 pistole in base ai bossoli e alle ogive rinvenute. Ma le armi potevano essere anche di più. Purtroppo le armi allo Zen ci sono. Stanotte per eseguire il fermo abbiamo letteralmente circondato il quartiere”.

“Un’azione violenta e dimostrativa così incurante di quello che poteva succedere che in questi termini non si era mai registrata. Abbiamo avuto anche altri fatti cruenti, anche in quello stesso quartiere – conclude Ruperti – Però le azioni precedenti non avevano avuto un impatto così devastante. Siamo di fronte ad un segnale di forza non soltanto nei confronti dei Colombo ma anche dell’intero quartiere e per le forze dell’ordine. Il concetto di gruppo paramilitare infatti che si organizza non solo per uccidere i Colombo ma che va a rischiare, in pieno giorno, di causare danni anche ad altre persone ha la valenza di dimostrare la vera forza militare dei Maranzano e di altri”.

 

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