Flash mob dei fotografi per difendere il diritto d’autore. Lo hanno organizzato a Palermo sotto il grande murales che raffigura i due giudici uccisi  dalla mafia nel celebre scatto di Tony Gentile, il fotografo autore della famosa foto di Falcone e Borsellino, divenuta ormai icona mondiale dell’antimafia.

“La stesura dell’attuale Legge sul diritto d’autore, datata 1941 – si legge sul blog di Tony Gentile – prevede per la fotografia la suddivisione in due differenti categorie: le “semplici fotografie” e le “immagini creative”.

Nello specifico, per molti giudici che si trovano a giudicare su contenziosi portati avanti dai fotografi, tutte le fotografie giornalistiche sono da considerarsi semplici fotografie. Esistono foto che sono entrate a far parte dell’iconografia mondiale e che hanno contribuito a raccontare la storia di una nazione o di un continente e sono considerate “semplici fotografie“ solo perché rappresentano fatti della vita quotidiana e sono state realizzate da fotogiornalisti.

Questo genera infinite diatribe e un grande danno nei confronti della fotografia e di chi ha deciso di praticarla professionalmente. Le opere creative sono protette per 70 anni dopo la morte dell’autore (come qualsiasi altra opera dell’ingegno, musica, testi, articoli giornalistici, componimenti letterari) mentre le semplici fotografie sono protette per 20 anni dopo la loro realizzazione.

Questo determina una pesante discriminazione tra le due tipologie di immagini e inoltre l’individuazione dell’appartenenza ad una determinata categoria è spesso demandata ad un giudice che di fotografia non è esperto e che giudica su criteri vecchi e non più ammissibili rispetto ad un mondo in continua evoluzione e che è fondato sull’immagine”.

Con il flash mob, quindi i fotografi palermitani vogliono chiedere il definitivo superamento dell’anacronistica categoria di “semplice fotografia” che di fatto determina una grave discriminazione per una intera categoria professionale. Nel corso della manifestazione Tony Gentile ha coperto con della vernice il suo scatto. “Visto che non riesco a tutelare il mio lavoro – ha detto il fotografo armato di pennello –  preferisco cancellarlo simbolicamente”.