Francesco Ragni, l’eroe siciliano di Wembley

  • Francesco Ragni era allo stadio per tifare gli azzurri con il cartello “England Suca”
  • Manager, editore e giornalista di successo a Londra, le sue analisi sul Brexit sono apprezzate dalle tv italiane
  • Ha portato fortuna anche a Berrettini. “A Wimbledon l’ho visto vincere”

Francesco Ragni è diventato l’eroe siciliano di Wembley. Torniamo indietro di una settimana. Dagli spalti del tempio del calcio mondiale,  qualche attimo prima del fischio d’inizio della finale dei campionati europei, Ragni, con addosso la maglia azzurra della Nazionale,  mostra un piccolo cartello. Per tifare Italia e per ricordar le sue origini panormite. Ed è stata apoteosi. In quel rettangolino sottile di carta era stata vergata, accanto al nome della nazionale avversaria, la parola di quattro lettere che ogni palermitano conosce, termine elevato a cifra simbolica della goliardia. Stiamo parlando di “Suca”, o per mantenere il bon ton 800A, nella versione politically correct del bisillabo più famoso dello slang palermitano.

A Wembley si avvera la profezia di Lucio Luca

Francesco Ragni forse non lo ricorda. Ma con quel gesto, un tifo intriso di un pizzico di scaramanzia, ha avverato la profezia di Lucio Luca, prestigiosa e godibilissima firma del quotidiano “La Repubblica”. Luca, nel raccontare la storia di una tesi di laurea dedicata a quel termine tanto caro ai palermitani, scriveva così: “Date un foglio bianco ai palermitani. Oppure un muro, una saracinesca, la pensilina di una fermata dell’autobus. Poi mettetegli in mano un pennello e una latta di vernice. Nessun dubbio: quelli, nove su dieci, scriveranno una parola di appena quattro lettere, liberatoria e immediata, efficace in qualsiasi contesto anche grazie alla sua pronuncia morbida e veloce“.

Tifo e goliardia, ma nella vita di ogni giorni Ragni è un manager irreprensibile

La foto che ritrae Ragni a Wembley ha fatto il giro del mondo. Uno dei tormentoni delle reti social. Eppure, a qualcuno il volto di quel ragazzo sorridente e simpatico, ricordava qualcosa. Il classico sentiment “ma dove l’ho visto prima?”. E qui, per scomodare la grande letteratura britannica, i più maliziosi potrebbero sostenere di trovarsi di fronte a un caso alla Dottor Jekyll e Mr.Hyde.

Francesco Ragni, svestiti i panni del tifoso doc, è un rigorosissimo e compito manager della City, editore e direttore di un quotidiano online, diventato – non è esagerazione – la Bibbia di riferimento della comunità italiana a Londra.  Quando si parla di Gran Bretagna e Brexit, le analisi di Ragni sono merce preziosa e contesa per i broadcast dell’informazione. Ecco cosa ci ha raccontato, parlando di 800A, di calcio, di lavoro e di Sicilia.

 

L’intervista a Francesco Ragni

A Wembley ti abbiamo visto esporre il bisillabo più famoso del mondo. Brand tutto siciliano. Come ti è venuto in mente? Durante la partita con la Spagna avevo fatto un cartello per salutare i miei amici messinesi, mandando loro la foto in un nostro gruppo Whatsapp. Qualcuno l’ha girata a un magazine locale e di colpo ha raggiunto migliaia di persone.  Avendo portato fortuna, mi è stato chiesto di farne un altro per la finale. Non potevo certo dire di no, ma a quel punto mi è venuto naturale pensare anche agli amici palermitani. Nel cartello c’era poco spazio, era solo un foglio A2, e avevo pochi minuti prima di recarmi a Wembley, e allora in mancanza di meglio è arrivata l’intuizione di ricorrere alla nostra parolina magica.

Una curiosità: l’hai esposto prima del fischio d’inizio o alla fine del match? E’ stato un rito scaramantico? L’ho esporto prima della partita e poi durante qualche pausa. Alla fine, mentre festeggiavamo la vittoria, e cantavamo “It’s coming Rome” è venuto naturale mostrarlo un’ultima volta…

I tuoi amici inglesi come l’hanno presa? Hanno capito lo scherzo o si sono arrabbiati? Non nascondo che qualcuno si è arrabbiato, ma non parliamo di inglesi quanto di un italiano (non siciliano) che vive a Londra da qualche decennio e si è sentito offeso. Io ho provato a spiegare che il ‘suca’, come sa ogni palermitano, è una parolina che assume tanti significati, ben oltre quello letterale. Nasce come insulto ma oggi è molto di più, una assoluta icona dell’essere palermitano. È la parola che scrivi sui muri, che usi con gli amici se vuoi enfatizzare un concetto o chiudere una discussione. Se ne sono occupati anche a livello accademico, di recente una studentessa ci ha scritto una bella tesi di laurea.

Molti ricordano le tue interviste compite e molto professionali alla Rai per spiegare il Brexit. Sei un po’ come dr. Jekill e Mr.Hyde? Non direi. Mi considero un professionista serio e credo mi venga riconosciuto. In passato sono stato a Wembley diverse volte per lavoro, in tribuna stampa, e ovviamente li non avrei mai esibito alcun cartello. Ma per gli Europei ero allo stadio come semplice tifoso, e mi sono lasciato andare a una goliardata. Spero di non essere ricordato solo per questo!

Francesco Ragni intervistato da Stefano Tura (RAI)

Nessun dubbio. Non si può negare il diritto alla goliardia, ci mancherebbe. Se ti fossi trovato faccia a faccia con un hooligan avresti mostrato quel cartello? Si, tanto non avrebbe capito. Se avesse cercato la parola su Google avrebbe scoperto che significa prostituta in russo, e bionda in ecuadoregno, e sarebbe rimasto piú confuso che altro. In alternativa avrei potuto tramutarlo velocemente nella sua versione “legale” 800A, ancora più criptica per i non palermitani. Comunque all’uscita dallo stadio ho tolto non solo il cartello ma anche bandiera tricolore e maglia azzurra per evitare incontri spiacevoli.

Parliamo delle tue emozioni. Un siciliano a Wembley. Sembra il titolo di un romanzo. Cosa hai provato assistendo alla finale? Emozioni fortissime, difficili da descrivere. Ho dovuto aspettare giorni dopo la partita per metabolizzarle e provare a scriverne, rivedendo foto e video sul cellulare e scambiando messaggi con gli altri amici presenti. È stato un crescendo, dalla partita con l’Austria alla semifinale, per poi raggiungere in finale vette di pathos altissime.

Con gli Europei di calcio, gli stadi sono stati riaperti.  Che sensazione si prova a entrare in uno stadio di calcio dopo quasi un anno e mezzo di chiusura? Bellissima. In questo anno e mezzo abbiamo rinunciato davvero a tanto, tornare a partecipare ad eventi dal vivo è stato un po’ come rinascere, e grazie al doppio vaccino l’ho fatto sentendomi relativamente al sicuro. Altrettanto bello è stato andare la settimana prima a Wimbledon dove ho avuto la fortuna di vedere vincere sia Berrettini che Sonego, in una giornata da sogno.

Per te il calcio è una passione o soltanto la maglia azzurra ti ha portato allo Stadio? Per me il calcio è una vera passione, che condivido anche con i miei figli. La mia squadra del cuore (a parte il Palermo che non si discute) è il Milan, ma la nazionale è qualcosa di davvero speciale, soprattutto quando vivi all’estero. In passato l’avevo vista giocare in una partita ufficiale solo una volta, semifinale Italia-Argentina di Italia 90 a Napoli. Sai bene come andò a finire. Erano 31 anni che aspettavo di liberarmi di quel ricordo e finalmente ci sono riuscito. Non sono più un ragazzino, ma continuo a tirare calci al pallone. Tutti i sabati mattina gioco a calcio a Hyde Park con un gruppo di amici e i nostri figli. Corro poco ma sopperisco con l’esperienza…. Poche settimane fa abbiamo raggiunto il massimo quando siamo riusciti a giocare nel centro sportivo del Chelsea a Cobham, un’esperienza meravigliosa.

Mettiamo da parte il calcio. Cos’è la Sicilia per te? Mi manca moltissimo. Mi manca il calore delle persone. Mi mancano i ritmi, i colori, la luce, il cibo, il clima. Sono sempre tornato spesso, grazie anche ai voli low cost che collegano Londra direttamente con Palermo o Catania, ma ogni volta ripartire è sempre più difficile. E in questo ultimo anno e mezzo, con le note limitazioni ai viaggi, ho sofferto particolarmente la distanza.

Sei andato via da tanto tempo.Raccontaci un po’ chi sei in poche righe. Sono nato e cresciuto a Palermo, dove mi sono laureato in Statistica. Poi come tanti ho lasciato l’isola per cercare più opportunità e ho scelto di andare a Roma, dove ho vissuto vent’anni lavorando in consulenza e in aziende di informatica nel trasporto aereo. La scelta di andare a Londra, nel 2009, è stata dettata da possibilità di carriera e dalla voglia di fare vivere ai miei figli un’esperienza internazionale. Non me ne sono mai pentito. Londra Italia nasce come esperienza imprenditoriale. Dopo tanti anni come manager volevo mettermi alla prova creando da zero qualcosa di nuovo dove mettere a mio frutto la mia creatività, la mia passione per il giornalismo e le mie competenze tecniche. Al tempo stesso ho voluto creare una realtà che avesse un valore sociale per la comunità in cui vivo. Così è nato www.londraitalia.com

A proposito, perché quella virgola tra Londra e Italia? Nel linguaggio anglosassone il nome della città è generalmente seguito da quello della regione o dello stato per evitare confusione, visto che i nomi delle città si ripetono spesso (ricorderai ad esempio il film “Paris, Texas”). La virgola nel nome “Londra, Italia” l’abbiamo aggiunta proprio per far capire che ci rivolgiamo a chi considera Londra parte dell’Italia. Al tempo stesso quella virgola rappresenta graficamente la distanza tra queste due entità geografiche. Una distanza che purtroppo negli ultimi anni sembra diventata un abisso, tra Brexit e Covid.

Nel periodo Brexit siete diventati anche un portale di servizi per gli italiani che vivono in Uk? Spiegaci cosa è LondraItalia.com È il più importante sito di notizie per gli italiani che vivono nel Regno Unito, parliamo di almeno 700mila persone, e per coloro che dall’Italia seguono quello che succede a Londra (e si stima che almeno un italiano su due ha un amico o un parente in UK). Cerchiamo di offrire sempre informazioni accurate, utili, che veicoliamo anche tramite la nostra newsletter settimanale e i canali social media. Col tempo siamo diventati una “voce” importante di questa comunità e ne sentiamo la responsabilità.

 

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