Cinquantatre bambini affetti da patologie oncologiche (73 se si considerano anche i bambini sani) seguiti nel loro percorso di recupero, con il coinvolgimento di quaranta famiglie e di venti operatori psicoterapeuti: questi sono i numeri della seconda edizione di “Giocando Imparo“, iniziativa organizzata e voluta dalla Samot (Società per l’assistenza al malato oncologico terminale). Dati presentati questo pomeriggio in una conferenza stampa tenuta questo pomeriggio presso il Palazzo De Seta di Palermo.

Giocando Imparo, le attività dell’iniziativa

Un progetto che parte nel 2021 e che mira al reinserimento sociale di minori affetti da malattia oncologica ed ematologica dopo la fase dell’ospedalizzazione. Un supporto che non riguarda solo i bambini ma anche e soprattutto le famiglie, le quali vengono seguite nel percorso di ritorno alla quotidianità dopo la fase acuta della patologia. Operazione effettuata attraverso una serie di eventi ed attività studiate e personalizzate a seconda delle capacità dei minori coinvolti, dell’età e dello stato di salute. In generale, le terapie prevedono momenti ludico-ricreativi, nonchè processi di sostegno emotivo, relazionale, psicosociale.

Ad aprire i lavori del convegno è stata Tania Piccione, responsabile della centrale operativa della Samot nonchè organizzatrice dell’evento. “E’ un progetto promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, indirizzato a bambini con storie di malattie oncologiche e alle relative famiglie. Al progetto hanno lavorato venti operatori: psicoterapeuti, musicoterapeuti e arteterapeuti. L’obiettivo era quello di riportare i bambini in una condizione di tessuto sociale attraverso alcune attività incentrate sul gioco, sull’attività sportiva e su una serie di attività laboratoriale per sviluppare la manualità dei minori coinvolti”.

Le attività sportive

Un’iniziativa nella quale hanno agito diverse figure del mondo civico e dello spettacolo. Fra questi gli artisti Ficarra e Picone, i Sansoni, Elisa Parrinello dell’associazione teatrale Ditirammu e rappresentanti della Fondazione Teatro Massimo. Sul fronte delle attività sportive, a fare da partner principale è stata l’associazione Libertas, ente di promozione sportiva riconosciuto dal Coni ed oggi rappresentato dal presidente regionale Giuseppe Mangano. “Abbiamo partecipato al progetto curando la parte prettamente sportiva. Li abbiamo aiutati nel riallineare il loro aspetto fisico e psichico, cercando di inserire elementi di inclusione a partire dalla famiglia. Un lavoro di psicomotricità e di attività di base sportiva, relativamente a quello che il ragazzo può fare, superando i gap dettati dalla malattia“.

“Hanno fatto diverse attività: quelle sportive classiche, come il calcio – ha aggiunto Giuseppe Mangano -. Ma soprattutto elementi di psicomotricità, le attività motorie, la mobilità, la flessibità, la tonicità e il reinserimento del concetto di movimento come obiettivo prioritario nella vita di un ragazzo, tolto da una malattia che li ha debilitati per molto tempo. Abbiamo fatto queste attività all’interno di alcuni centri specializzati o all’interno delle abitazioni”.

La testimonianza

Fra i genitori coinvolti dall’iniziativa c’è Nicola Todaro, padre di due bambine guarite ed affette in precedenza da LAD. Un percorso difficile reso un po’ più semplici proprio dalle attività dettate dal progetto. “Quando esci dall’ospedale, hai bisogno di un aiuto concreto. Le associazioni di settore sono state un porto salvo. Ci hanno dato la possibilità di far ritornare alla normalità le bambine, di riacquisirla. Quella rabbia, accumulata durante la patologia, si è trasformata in gioia di vivere e in un sorriso. Hanno mantenuto memoria del problema, ma hanno acquisito una consapevolezza e una maturità che non è magari insita in bambine di cinque anni”.

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