L’Italia ha violato i diritti umani sottoponendo Bernardo Provenzano a trattamenti inumani e degradanti negli ultimi 4 mesi della sua vita. Lo ha stabilito la Corte Europea dei Diritti Umani che ha condannato l’Italia per non aver revocato il 41 bis, il così detto carcere duro al boss della mafia dopo che la sua malattia è stata palese.
Allo stesso tempo la Corte di Strasburgo ha affermato che la decisione di continuare la detenzione di Provenzano non ha leso i suoi diritti ma la vicenda della violazione è inerente al solo carcere duro.

L’Italia decise di continuare ad applicare il regime di carcere duro del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 quando la sua malattia fu diagnosticata e fino alla morte del boss mafioso avvenuta il 13 luglio dello stesso anno 2016.

I medici gli avevano diagnosticato un grave stato di decadimento cognitivo, lunghi periodi di sonno, rare parole di senso compiuto, eloquio assolutamente incomprensibile, quadro neurologico in progressivo, anche se lento, peggioramento. In virtù di questa diagnosi l’avvocato palermitano Rosalba Di Gregorio negli anni precedenti alla morte aveva presentato due istanze di revoca del carcere duro e tre di sospensione dell’ esecuzione della pena ma le sue richieste erano sempre state respinte a tutti i livelli.

La sentenza pone un limite preciso all’applicazione del carcere duro mettendo una parola chiara nelle polemiche che sempre accompagnano le richieste di scarcerazione per cure di un detenuto per mafia. Il carcere non può essere vendetta e in tutti i casi non può mai diventare tortura o essere luogo di trattamenti inumani e degradanti

“Quella che abbiamo combattuto è stata una lotta per l’affermazione di un principio e cioè che applicare il carcere duro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione” commenta l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del capomafia Bernardo Provenzano.

“A noi non interessava e non interessa un risarcimento, ma soltanto l’affermazione di un principio contro prese di posizione assolutamente illegittime” ha aggiunto l’avvocato che, per anni, prima di arrivare ai giudici Strasburgo aveva chiesto la revoca del 41 bis e l’espiazione della pena in regime ordinario, alla magistratura di sorveglianza di Parma, Milano e Roma. Tutti gli ultimi ministri della Giustizia hanno rinnovato il 41 bis al capomafia, che diverse perizie avevano certificato essere incapace di assistere coscientemente ai processi.