“La Santità? Non serve il bollino della Santa Sede. La santità è un padre di famiglia che si ammazza di lavoro per portare a casa il pane per i suoi figli”: parola di Igor Scalisi Palminteri, il “profeta” della Street Art che racconta sui muri delle nostre città le storie dei santi e dei poeti. I Santi di Scalisi Palminteri sono icone che vivono nella cronaca di oggi, comprendono e vivono le nostre debolezze senza mai aver l’ambizione d’essere eterne. I murales dell’artista palermitano hanno graffiato le mura dei palazzi, ma soprattutto le coscienze dei palermitani. Da Sant’Erasmo che di fronte al porticciolo si presenta con i remi e il giubbotto di salvataggio, eco della tragedia dei migranti, a Santa Rosalia ed infine a Biagio Conte.

“Le opere d’arte non devono essere eterne”

Per Scalisi Palminteri quelle opere non sono destinate a essere eterne, Anzi, la loro essenza consiste nell’essere caduche, sensibili agli agenti atmosferici. Elementi corrompibili di un tessuto urbano in perenne evoluzione. Esattamente come un corpo umano.

A Talk Sicilia, l’artista palermitano ha raccontato la sua vita, anzi le sue sette meravigliose vite. Spinto da un profondo sentire sociale, sempre pronto a dare voce e pennello agli ultimi, si batte per una riscoperta identitaria delle città. A questa nostra Palermo, poi, contesta la lacerazione del tessuto urbano, uno strappo architettonico che ha diviso in due la città, con le periferie abbandonate.

Sette anni in convento

La storia di Igor comincia da lì. “Sono nato e cresciuto in un quartiere  popolare, tra via Cappuccini la Zisa. Conosco i frati cappuccini da piccolissimo e a vent’anni entrò in convento, dove sono rimasto per sette anni.  Sin da piccolo avvertivo la vocazione alla pittura, al disegno. Prima di entrare in convento ho frequentato il liceo artistico e lì ho cominciato a dipingere. Ho conosciuto un maestro che dipingeva le icone, ho cominciato a dipingere e pregare con lui”.

Svestito il saio da frate cappuccino, Scalisi Palminteri abbraccia nuovamente la sua passione giovanile, la pittura. “Ho cominciato a dipingere santi, chiaramente alla mia maniera. I miei primi santi furono di ragazzi e ragazze dell’Accademia che prima fotografava e poi dipingevo nudi,  perché pensavo che la santità avesse come base questo principio, la purezza di un corpo nudo che non aveva bisogno di orpelli”.

“Apprezzo molto il nostro corpo, è la nostra verità. In fondo il nostro corpo ci crea tanti problemi psicologici. Però se si ritorni al corpo e si comincia ad accettare l’involucro in cui siamo stati messi, probabilmente si cominci anche ad avere una percezione diversa delle cose che ci stanno attorno”.

“Per me i santi erano nudi – racconta l’artista – come San Francesco che ho ritratto nudo di spalle, con dei buchi nelle mani perché ebbe le stimmate. Giovanna d’Arco l’ho ritratta nuda con un estintore, quasi a voler  spegnere il rogo che avvolse il suo corpo”.

L’arte di Scalisi Palminteri è anche una tensione di denuncia sociale: “non ho mai smesso di lavorare nelle periferie della mia città. Sono stato uno dei fondatori di un’associazione che lavora alla Zisa, che si chiama Centro Tau e lavoravo con i minori a rischio di esclusione sociale e con loro ho cominciato a dipingere i muri, i primi muri più bassi”.

Il murales che ritrae Biagio Conte

L’ultimo murales realizzato dall’artista palermitano è un ritratto del Missionario laico Biagio Conte. Adesso la sua opera si concentra nel Quartiere Sperone. Lì sono già stati realizzati sette murales. Per l’ottava manca poco. Il 9 marzo, ai Candelai di Palermo è prevista una serata di raccolta fondi per racimolare le risorse necessaria a questa ennesimo intervento “murale”.

La versione podcast della puntata di Talk Sicilia

 

 

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