Tanti ricorsi in più rispetto al 2022, con un alto tasso di litigiosità, una carenza di organico del personale sia delle corti che amministrativo, ed un Pnrr non ancora attuato. Questi in sintesi gli argomenti trattati da Antonio Novara, presidente della corte di giustizia tributaria della Sicilia durante l’inaugurazione dell’anno tributario che si è celebrata nell’aula magna della facoltà di Giurisprudenza a Palermo.
“Il numero di nuovi procedimenti sopravvenuti a livello nazionale, sia in primo che in secondo grado, è andato scemando fino all’anno 2021, mentre ha subito una brusca impennata, per quanto riguarda i ricorsi proposti in primo grado, tanto nel 2022 quanto, come in seguito dirò, nel 2023. E un dato valevole anche per la Regione Sicilia con riguardo ai ricorsi pervenuti in primo grado, che sono stati circa 215.000, con la sopravvenienza più alta avutasi presso la Corte di primo grado di Catania (quasi 59.000 ricorsi)”. È quanto ha detto il presidente della corte di giustizia tributaria della Sicilia.
Novara, “Brusca impennata dei ricorsi”
“Sotto quest’ultimo profilo – ha aggiunto Novara – la situazione non può dirsi confortante, tanto più che, da un canto, come ho accennato, il trend di sopravvenienze, che aveva già avuto un brusco cambio di marcia nel 2022, registrando rispetto al 2021 un aumento di quasi il 90% dei nuovi procedimenti promossi in primo grado (in tal modo riportandosi ai livelli anteriori alla pandemia), ha subito un’ulteriore accelerazione nel 2023, con l’iscrizione di ben 33.129 nuovi ricorsi, vale a dire quasi 12.000 in più del 2022, e, d’altro canto, che nel primo scorcio di quest’anno le controversie pervenute sono state 6.438, anche in questo caso con punte allarmanti a Palermo e Catania. Mi auguravo l’anno scorso che si trattasse di un fatto transeunte, determinato dalla ripresa della notifica degli atti di accertamento e delle cartelle di pagamento dopo la sospensione dovuta al Covid, ma il susseguirsi ormai da oltre due anni dell’aumento delle sopravvenienze lascia temere che ci si trovi dinanzi a un fatto strutturale, che occorre fronteggiare con adeguate misure”.
“Corti organico carente”
Il presidente della corte di giustizia tributaria della Sicilia parla anche delle carenze di organico. Queste le sue parole: “La dotazione organica dell’Ufficio è ben lontana da quella da ultimo prevista dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria. Per essere più precisi, dei 126 giudici che dovrebbero comporre la Corte ne risultavano presenti, al 31 dicembre 2023, solo 48, oltre 18 applicati in via non esclusiva da altre Commissioni, e ne sono al momento presenti solo 65, di cui 17 applicati esterni, con una vacanza in pianta organica, pertanto, di oltre il 60%. E analogo discorso può essere fatto per le Corti di primo grado, che, con la presenza di soli 228 giudici, possono avvalersi di un organico che si discosta anch’esso sensibilmente da quello determinato dal Consiglio di Presidenza in 318 giudici, con maggiori carenze nelle Corti di Agrigento, Catania, Palermo e Siracusa”.
“In sofferenza anche il numero del personale amministrativo”
“In sofferenza – ha aggiunto Novara – è anche la dotazione del personale amministrativo, che registra alla data di oggi una carenza di 4 unità presso questa Corte (58, anziché 62) e di ben 65 unità nelle Corti di primo grado (144, invece che 209), con vuoti di organico più rilevanti nelle sedi di Catania (-11 unità), Messina (-13 unità), Siracusa (- 7 unità) e Palermo (-9 unità)”.
“Altissimo tasso di litigiosità”
Novara parla della litigiosità che rende onerosa l’attività delle corti. E spiega le cause che suddivide in tre fattori, dalla complessità del sistema fiscale, al fattore “culturale” ma c’è anche l’aspetto economico.
Questa l’analisi: “L’altissimo tasso di litigiosità, che rende particolarmente onerosa l’attività delle Corti e che, a mio parere, dipende principalmente da tre fattori. Il primo può essere senz’altro individuato nella complessità del sistema fiscale, che risulta caratterizzato da una miriade di disposizioni che si succedono e si affastellano le une sulle altre con una velocità davvero inusitata e che, anche per difetti di tecnica di redazione legislativa, creano non di rado problemi interpretativi ardui da risolvere. Di non meno rilievo è, poi, il fattore che definirei culturale. E del tutto vano negare che i contribuenti non avvertano il dovere, nel loro stesso interesse, di concorrere a fornire, mediante il pagamento dei tributi, le risorse necessarie per alimentare i servizi che lo Stato è tenuto a prestare alla collettività. L’Amministrazione non può procedere ad accertamenti a tappeto. nasce l’evasione che, una volta scoperta, anziché determinare l’acquiescenza del contribuente inadempiente, nella maggior parte dei casi suscita il ricorso ai giudici tributar!, confidando nella lentezza della macchina della giustizia e, “perché no, anche in provvedimenti legislativi premiali”.
Ed ancora “E, in ultimo, un fattore di carattere prettamente economico, che è indubbiamente ricollegabile alla crisi che affligge la Sicilia, la quale è tra le Regioni con reddito medio pro-capite più basso d’Italia e con il tasso di disoccupazione tra i più elevati, e che induce a promuovere controversie anche di modestissimo valore – ha aggiunto Novara – al riguardo è assai significativa la constatazione, riferita allo scorso 31 dicembre, che dei 33.129 procedimenti pervenuti nell’anno in primo grado ben 22.196 hanno un valore non superiore a 3.000 euro (in percentuale il 67%) e che un altro 19,1% riguarda controversie con un valore non superiore a 20.000,00 euro (86,1% in totale), con valori medi che spaziano dal massimo registrato alla Corte di Ragusa (76,1% dei ricorsi fino a 3.000 euro e un altro 18% fino a 20.000, euro, per un totale di ben il 94,1%) al minimo della Corte di Caltanissetta (62,6% fino a 3.000,00 euro e un altro 18,8% fino a 20.000,00). Per contro, sono solo nella percentuale del 7,5% le controversie di valore da 50.000 a oltre 200.000 euro”.
“Pnrr non ancora attuato”
Uno sguardo al Piano nazionale ripresa e resilienza: “Il traguardo era da lungo tempo agognato e a esso si è giunti su impulso del Pnrr, il quale prevedeva specificamente l’istituzione del giudice tributario professionale come uno dei 55 obiettivi da realizzare entro il 31 dicembre 2022, nell’intento di razionalizzare rimpianto ordinamentale grazie alla professionalizzazione dei componenti degli organi della giustizia tributaria e di ridurre conseguentemente il contenzioso e l’arretrato”.
“Tuttavia – ha aggiunto Novara – dalla fase dell’ideazione avrebbe dovuto passarsi rapidamente a quella dell’attuazione della riforma, ma, a distanza di quasi due anni, ciò è avvenuto solo in minima parte. Quel che, però, preoccupa sono soprattutto i tempi necessari per dar corpo ai nuovi organici. La riforma ha al riguardo attribuito a 100 giudici professionali la facoltà di transitare nella magistratura tributaria; e ha autorizzato, inoltre, il Ministero dell’Economia ad assumere, tramite concorso, 68 magistrati per ciascuno degli anni dal 2024 al 2030 (in tutto 476 unità), così da arrivare, alla fine del periodo, al completamento dell’organico dei magistrati professionali. Com’era ampiamente prevedibile, la manovra straordinaria di reclutamento dei magistrati togati non ha, però, sortito l’effetto sperato. Infatti, rispetto ai 100 posti disponibili, sono state presentate solo 37 domande di transito. Solo un quinto del numero necessario. Tutto questo ovviamente non favorisce affatto il corso della riforma, che, in queste condizioni, è davvero difficile prevedere quando potrà entrare a pieno regime; così come non appare per nulla coerente con le finalità che si propone diluire in troppi anni il definitivo completamento dell’organico dei magistrati professionali. È forse necessario percorrere anche altre vie in grado di superare quelle criticità che potrebbero determinarne anzitempo il fallimento, come ritentare l’apertura dei termini per l’opzione di transito alla magistratura tributaria da parte di giudici provenienti dagli altri ordini giudiziari”.
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