“La nostra idea è quella di realizzare qualcosa di nuovo a Palermo”. Sei ragazzi e un sogno che prende forma attraverso la ristorazione e la narrazione. Sono Kirolos, Ibra, Riccardo, Mustafa, Ameth, Lam. Da qui è nata Kirmal, un’impresa sociale multiculturale.

Fa parte di una selezione nell’ambito del progetto Voci del Verbo Viaggiare – Accoglienza mediterranea, sponsorizzato dalla Fondazione con il Sud. L’obiettivo è quello di offrire a giovani uomini e donne, migranti e non, un’opportunità unica di formazione ed esperienza professionale per avviare un’azienda.

Di cosa vi occupate e quanti siete?

“Siamo sei. Io sono egiziano. Gli altri provengono dall’Italia, Senegal, Costa d’Avorio, Gambia e Vietman. Ognuno si occupa di una cosa diversa, ci completiamo. Io sono il presidente. Il progetto era previsto per turismo e ristorazione, purtroppo col Covid non è andato a buon fine. Per adesso facciamo soltanto mensa nel centro Astalli che si trova a Ballarò”.

In cosa consiste ristorazione e narrazione?

“La nostra idea è quella di realizzare una cosa nuova a Palermo. Quindi la cena narrativa. Cioè attraverso una scena teatrale viene spiegato il piatto servito, in base ad una leggenda o ad una esperienza che ci è capitata in passato. La prima è stata organizzata ad ottobre 2019 prima del Covid nel cortile del centro Astalli. Erano previste 60 persone. Non potevamo invitare nessuno dei nostri parenti o amici perché era una cena di promozione. Alla fine siamo arrivati ad avere 90 persone, quindi oltre il numero previsto”.

“Abbiamo raccontato leggende come la testa di moro, la vecchia dell’aceto. Durante il nostro percorso abbiamo fatto corsi di formazione di management, cucina, narrazione, corso di narrazione teatrale. Quest’ultima consiste nello scrivere un testo ispirandoci ad una vicenda che ci è capitata e che sia legata ad un piatto.
Ad esempio abbiamo fatto uno sketch su come si prepara il Mafè. È un piatto senegalese a base di riso carne e burro d’arachidi”.

Che significa Kirmal e perché lo avete scelto?

“In realtà è nato per caso. Stavamo cercando un nome con la nostra project manager. Ha scritto l’acronimo dei nostri nomi. Appena è arrivata alla sesta lettera le ho chiesto di fermarsi. Quello che aveva scritto ha un significato in arabo. Kirmal vuol dire “per” in dialetto arabo libanese. Ho immaginato un menù in cui ci fosse scritto Kirmal Palermo. Quindi Per Palermo. Per voi”.

Che impatto ha avuto il Covid e le restrizioni sulla vostra attività?

“Il tutto doveva partire ad Aprile 2020. Ma non ci siamo riusciti. Abbiamo prorogato il progetto con Fondazione con il Sud che ci ha finanziato. Dovrebbe terminare il 17 maggio, ma in realtà ci servirebbe altro tempo. A maggio 2020, abbiamo messo in scena cene narrative a spese nostre e abbiamo pagato una mensa e cucinato per i poveri di qualche quartiere.
Il Centro Valdese ci ha offerto la sua cucina per tre giorni a settimana. A volte per 50 o 100 persone e si distribuivano circa 900 pasti.
Alla fine di questo servizio il Crazy Plus, ai Cantieri Culturali della Zisa, ci ha finanziato 400 pasti . Cucinavamo per le persone più bisognose del quartiere della Noce.

Per l’estate si parla di ripartenza, avere progetti?

Non abbiamo delle offerte pronte del tutto. Abbiamo una cucina da mensa, non possiamo invitare qualcuno. Vorremmo avere un posticino fuori dalla cucina, mettendo magari una pedana o qualche tavolo fuori solo che è un parcheggio. Quindi dobbiamo capire. Per adesso lavoriamo sull’asporto e vorremmo fare delle convenzioni con gli uffici o con comunità. Per adesso facciamo anche un’altra mensa per i senza tetto.

C’è un piatto nello specifico che senti più tuo e un aneddoto da raccontare?

Il piatto è kosheri e ho scritto una storia a riguardo. S’intitola “La sfida della cipolla”.
Una volta ho fatto uno scambio giovanile in Portogallo, sono andato con un gruppo di ragazzi italiani. Lì abbiamo cucinato pietanze del nostro Paese. Avrei dovuto aiutare i miei compagni a preparare la pasta, invece ho cucinato il kosheri. È un piatto egiziano dove vengono messi tanti ingredienti. Si chiama kosheri perché vuol dire miscuglio.
Mi ricordo che loro mi prendevano in giro per la quantità di cipolla che stavo tagliando. Ma anche perché stavo cucinando sia pasta che riso, che avrei messo insieme nello stesso piatto. Potete immaginare che faccia hanno fatto. E proprio in quel momento ho capito che era una sfida e mi sono detto ” continua e ti farai valere soprattutto quando lo assaggeranno”. Alla fine della serata sono tornati tutti da me per chiedere il bis ma questa volta specificando ” aggiungi più cipolla per favore”.