Tessuti e fibre sembrano abbracciare la scalinata della Chiesa e bussano per entrare: così “Semina” l’opera site specific ideata da Roberta Barraja e ispirata ai motivi decorativi e alla policromia degli intarsi barocchi, è un ideale prolungamento di Santa Caterina su piazza Bellini; è realizzata con tessuti e fibre trattati e bruniti con effetti di combustione, intrecciati a comporre un effetto di natura prorompente, che invade lo spazio, la città, le mura, gli interstizi tra pietra e pietra e si diffonde a reticolo come la ricchezza multiculturale che appartiene al nostro territorio. A chiudere virtualmente la piazza, trasformandola in un enorme palcoscenico – dove vengono presentati molti degli spettacoli – sono i “Fiori di luce” di Fabrizio Lupo, che si accendono al tramonto.
Sono soltanto due degli interventi che La Macchina dei Sogni ha presentato per questa sua nuova edizione: il resto è affidato ai narratori, ai pupari, ai burattinai. Sul tema “Straziante, meravigliosa bellezza del creato” si sono mosse – e si muoveranno ancora, sia domani (sabato 9 giugno) che domenica, alle 11, alle 15,30 e alle 17,30 – le “Storie di bambole repentite e sante”, spettacolo itinerante diretto da Mimmo Cuticchio su un testo condiviso tra gli attori/narratori e Beatrice Monroy. Tra le celle, il refettorio, i corridoi, rivivranno le suore e il loro silenzioso vivere.
IL PROGRAMMA DI SABATO 9 GIUGNO. La Macchina dei Sogni – nel cartellone di Palermo Capitale Italiana della Cultura – ha scelto luoghi che sono già un palcoscenico naturale, piazza Bellini, il convento e la chiesa di Santa Caterina. Alle 17,30, su piazza Bellini, “La voce delle cose. Fiabe selvatiche”, narrazione con oggetti della bergamasca Paola Serafini che con l’aiuto di topi, volpi, lupi, oche, galli e galline, racconta le avventure di un bosco pieno di animali che pensano come gli umani. E come loro, tramite piccoli oggetti della vita quotidiana e piccoli strumenti musicali. Seguirà, alle 19,30 “Il grande trionfo di Fagiolino”, uno degli spettacoli tradizionali della Famiglia Monticelli, ora Teatro del Drago, che pesca abbondantemente nella farsa o commedia brillante burattinesca, ricca di accenti e battute che provengono dai vecchi canovacci, con sproloqui, vecchi detti e una miscela di dialetti maccheronici dell’Emilia. Gli spettacoli di burattini della Famiglia Monticelli sono un pezzo di storia del teatro italiano che affonda le radici in una tradizione iniziata nel 1840. Ingresso libero.
Alle 21, dentro la chiesa di Santa Caterina, “Non svegliate l’amore”: David Riondino prende spunto da due libri della Bibbia, l’Ecclesiaste e il Cantico dei Cantici – tradotti da Ceronetti – che, elaborati in forma di racconto cantato, sono una chiave per affrontare un tema difficile come il vuoto dell’esperienza della vita umana e l’amore che la riempie. Attribuiti a due antichi amanti – l’Ecclesiale a Salomone, il Cantico alla Regina di Saba – sono stati arrangiati da Riondino sulle note di Ezio Bosso. Biglietto: 5 euro.
“La pienezza nel vuoto” è una serie fotografica realizzata nel 2014 da Valerio Bellone. Attraverso 36 scatti viene narrata la traversata da Marrakech alle dune sahariane dell’Erg Chebbi, ai confini con l’Algeria. Convento di Santa Caterina D’Alessandria orari 10 – 13 / 15 – 19.
Storie di bambole repentite e sante
Spettacolo itinerante regia: Mimmo Cuticchio
collaborazione alla drammaturgia: Beatrice Monroy
costumi : Tania Giordano
attori/narratori: Luì Angelini, Margherita Abita, Giulia Angeloni, Corinna Bologna, Salvino Calatabiano, Francesca D’Amico, Maria Teresa De Sanctis, Clara De Rose, Giovanni Guarino, Bruno Leone, Nunzia Lo Presti, Nadia Parisi, Marika Pugliatti, Josefina Torino
“In un antico monastero di clausura vivono suore di ogni età. Alcune da quanto erano bambine, altre abbandonate nella “ruota degli indesiderati” al momento della nascita, e infine alcune perché desiderose di espiare i propri peccati. In ogni caso si tratta di un’esistenza consacrata a Dio. Le celle, i corridoi e il refettorio del monastero sono l’unico mondo che conoscono o che scelgono di abitare. Il loro tempo è scandito dai lavori condivisi con le sorelle, gli occhi alla luce e le mani sui grani del rosario, camminano nel chiostro e guardano il cielo, l’unico spazio aperto che le connette con il mondo esterno. Un’inflessibile priora, con esteriore gentilezza, le guida nel percorso spirituale, non perdendo occasione per ricordare loro il proprio servigio. Con esse condivide la lettura mattutina delle storie epico-cavalleresche, che tanto le appassionano e che danno loro l’illusione di viaggiare oltre le mura del monastero….”
Mimmo Cuticchio
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