È stato presentato anche a Palermo, nella sede della Feltrinelli, il libro “La regola dell’ortica”, primo romanzo di Nunzia Scalzo, destinato a diventare un caso editoriale. In un solo mese è già alla seconda ristampa e, in effetti, i volumi dell’autrice catanese vanno a ruba nella libreria di via Cavour. A dialogare con lei il giornalista Mario Di Caro.

Un giallo sui generis

L’opera si presenta come un giallo “sui generis”, raffinato ed intellettualistico, in cui a seguire le indagini su un caso mai del tutto chiarito di apparente suicidio, risalente al 1965, è Bea Navarra, grafologa forense irruente e determinata. Stessa professione che Nunzia Scalzo esercita da anni e che l’ha portata ad imbattersi nel caso diventato spunto per la rielaborazione romanzata. Il ritrovamento del biglietto da cui ha origine la vicenda narrativa non è – spiega l’autrice – un espediente letterario, ma una reale traccia grafica lasciata da una donna ritrovata morente, sessant’anni fa, in seguito ad un presunto suicidio, al quale non hanno mai creduto i familiari. Da questo spunto, in uno snodarsi di ricostruzioni, affidate all’amico giornalista Domenico, attraverso i testimoni ancora in vita, si arriverà a dirimere la verità nella finzione letteraria.

La protagonista spiegata dall’autrice

“Bea – ha spiegato Nunzia Scalzo – è una figura femminile archetipica che sintetizza i tratti di donne importanti che hanno segnato la mia vita, lei è diretta, cocciuta, a tratti scorbutica, molto diversa da me. Attraverso il suo personaggio ho voluto rendere giustizia alla professione un po’ oscura, per i non addetti ai lavori, di grafologo forense, che è molto rigorosa nelle ricostruzioni e nelle comparazioni, rispondendo a protocolli precisi riconosciuti dalla comunità scientifica. La grafia non mente mai, né nell’hic et nunc, né nell’evoluzione diacronica della psicologia individuale.”.

La vera natura e la saggezza antica

Suggestivo e stuzzicante il titolo, la regola dell’ortica risponde ad una sapienza contadina antica ben consapevole che fino a quando stringi l’erba urticante non se ne avverti il dolore, soltanto dopo averla lasciata andare rivela la sua vera natura. Un titolo connotativo, marcatamente metaforico e vagamento “camilleriano” che, chissà, potrebbe essere un prodromo del futuro destino letterario di Nunzia Scalzo e del suo alter ego Bea Navarra.