Palermo

La tragedia di Casteldaccia, il galeone del piccolo Francesco nel fango nella villetta della morte

Le risate dei bambini, l’eco della musica del karaoke, il fumo della griglia dove si arrostivano i gamberi, la nuvola d’allegria per la festa dei defunti e dei santi e per il compleanno di una bimba hanno ceduto il passo al silenzio della morte nella casupola di due stanze e un giardino a Casteldaccia travolta dall’ondata d’acqua del fiume Milicia, ingrossato come 9 anni fa da una piena inaspettata, che questa volta ha lasciato nove cadaveri.

Nella casetta l’acqua è stata tirata via dalle pompe dei vigili del fuoco e nella melma è rimasto semiaffondato il galeone dei pirati che era stato regalato per le feste a Francesco, 3 anni, morto sbattuto tra le mura dalla forza dell’acqua e poi affogato, gli ovetti di cioccolato anche questi destinati e lui e le scarpine dell’uomo ragno.

Sbucano dal fango anche la Minnie di peluche e le bamboline regalate a Rachele morta a un anno mentre il fratello Federico, 15 anni, tentava di salvarla disperatamente prima di essere sopraffatto dall’acqua. I mobili nella casetta della strage sono tutti ammassati l’uno sull’altro, la parete attrezzata è caduta a terra ed è gonfia di acqua.

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Non si può più entrare nella casa in cui sono morte nove persone: la polizia ha sequestrato l’immobile e tutto il pianoro che dalla villetta arriva al fiume con tutte le baracche e le casupole prefabbricate dove una manciata di famiglie andava a trascorrere l’estate o i week end arrostendo carne e raccogliendo limoni, arance e melograni. La palude melmosa della notte di sabato ha lasciato il posto a una coltre di fango semi indurito dal sole di oggi e di ieri che rende quel lampo d’acqua durato una manciata di minuti ancora più assurdo.

Non ci sono più neanche i cani che domenica all’alba latravano nuotando nell’acqua lasciata dalla piena tra un giardino e l’altro cercando i loro padroni. Il Milicia, incolpevole causa delle morti, che nelle ore dopo la tragedia sembrava quasi un vero fiume è tornato ad essere un rigagnolo che si allarga e si restringe fra qualche pozza più profonda e pezzi di alveo asciutto.

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Dal belvedere di Altavilla Milicia si può guardare tutta la piana che era un agrumeto, e in fondo, addossata alla roccia, la villetta affittata dai Giordano: è quella più vicina alla foce.

“Fino a 15 anni fa – dice un anziano – la zona attorno al fiume era ‘vacante’, vuota non c’erano case o costruzioni solo agrumi. Poi poco a poco sono nate queste quattro casette alcune a ridosso di piccoli manufatti in pietra che servivano agli agricoltori per deporre gli arnesi”. E proprio attorno a uno di questi manufatti la famiglia della signora Rosalia Pizzo ha costruito la propria casa di villeggiatura: quattro pareti prefabbricate di quelle che si usano per coibentare i tetti, un po’ di assi di legno e lamiera. “Abbiamo comprato il terreno sei anni fa – dice – Veniamo qui a coltivare l’orto. Sabato mattina c’era un po’ di pioggia e con mio marito siamo andati via: se non lavoro mi annoio. Nessuno ci ha mai avvertiti che stare qui era pericoloso. La colpa è della diga la aprono senza avvertire e il fiume s’ingrossa”.

Nessuna diga, però, esiste a monte del fiume Milicia dice tra un’intervista e l’altra il sindaco di Altavilla Milicia, Giuseppe Virga: “Qui le case sono abusive e lo sanno tutti, i proprietari dei terreni per primi”. E appena uscito dalla villetta che aveva affittato ai Giordano, dopo essere entrato con la polizia, il proprietario nega di essere se stesso. “Sono solo un curioso – dice – Volevo vedere il luogo della tragedia”.

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