E’ ancora viva nella memoria di tutti la tragedia di Casteldaccia del 3 novembre 2018. L’esondazione del fiume Milicia, dovuta alle piogge intense, causò la morte di nove persone che si trovavano nella villetta abusiva costruita proprio nei pressi del fiume. Un’intera famiglia distrutta dalla furia dell’acqua e del fango.
Ora per tre persone la pm Carmela Romano della Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio. Si tratta di Giovanni Di Giacinto, sindaco dal 2018; Maria De Nembo, responsabile della Protezione civile di Casteldaccia; Antonino Pace, proprietario della villetta. I reati contestati sono disastro colposo e omicidio. Per cinque posizioni erano state chieste le archiviazioni ma i familiari delle vittime hanno fatto opposizione e 23 luglio, davanti al gip Angela Lo Piparo, in sede di camera di consiglio, è stato discusso il caso.
Come si legge sul Giornale di Sicilia, i periti dell’accusa hanno evidenziato come l’esondazione del fiume Milicia fu un evento eccezionale, ma la morte di nove persone si poteva evitare. La difesa del sindaco Di Giacinto, però ha depositato un dossier secondo cui il Comune di Casteldaccia nel giorno della tragedia non avrebbe ricevuto alcuna indicazione dalla Protezione civile regionale.
La sera del 3 novembre di due anni fa, un’esondazione del fiume Milicia travolse la villetta di Casteldaccia nella quale era riunita la famiglia Giordano. Morirono in nove: Francesco Rughoo, Monia, Antonio, Marco, Federico e Rachele Giordano, Nunzia Flamia, Matilde Comito e Stefania Catanzaro. Secondo gli inquirenti, i proprietari avevano dato la loro casa in comodato d’uso ai Giordano senza riferire che sull’abitazione pendeva un’ordinanza di demolizione per abusivismo edilizio. Tuttavia, nel corso di una conferenza stampa, avevano dichiarato di non essere stati a conoscenza dell’atto comunale. La versione fu smentita dal procuratore Cartosio secondo cui i proprietari sapevano, come anche il Comune del Palermitano. L’ordinanza di demolizione era datata 15 luglio 2008 ed era stata notificata l’1 agosto successivo. Poi era stata impugnata dai coniugi Pace al Tar, che non diede la sospensiva e dunque la casa avrebbe dovuto essere immediatamente abbattuta.
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